lunedì 1 agosto 2011

La questione energetica

(fonte: Tabloid Panorama), a cura di Roberto Di Ferdinando

Recentemente la Germania ha deciso la chiusura anticipata, entro il 2020, delle sue 17 centrali atomiche, la Svizzera ha annunciato che 5 reattori non saranno sostituiti nel 2034, mentre in Italia il referendum di giugno scorso ha fatto morire ancor prima di nascere il proprio progetto nucleare. Una nuova sensibilità in favore delle energie rinnovabili sembra quindi attraversare l’Europa. Ma gli analisti del settore mettono in guardia gli ottimisti, infatti i problemi e le difficoltà per avere un’energia pulita che soddisfi il fabbisogno energetico del Vecchio Continente sono ancora molte.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), infatti ha evidenziato che l’abbandono del nucleare da parte di alcuni paesi europei, porterà a concentrarsi in tempi brevi, come principali fonti energetiche, sul gas e sul petrolio. Secondo l’Outlook 2011-“Stiamo entrando nell’era dell’oro del gas?” pubblicato dall’IEA, si stima che nel 2035 il petrolio risulterà ancora la prima fonte energetica mondiale e quindi non è pensabile così una riduzione dell’inquinamento ambientale. Il gas nel 2030 sarà la seconda fonte energetica, superando il carbone. Molto più distaccate le energie rinnovabili. Le stime indicano che nel 2020 le energie ricavabili da biomasse (eolico e fotovoltaico) saranno la quarta fonte, davanti all’energia idroelettrica.
Intanto in Germania si è aperto il dibattito su come sopperire alla mancanza di energia proveniente dal nucleare in seguito alla decisione governativa di dismettere le centrali. Norbert Roettgen, ministro dell’Ambiente e Peter Ramsauer, ministro dei Trasporti preferirebbero puntare sull’energia verde, in particolare l’eolica sfruttando i venti del Mar del Nord; invece Philip Rossler, ministro delle Politiche Economiche punterebbe sull’apertura di 26 impianti a carbone, a gas e a ciclo combinato. La scelta deve essere rapida infatti le aziende tedesche chiedono garanzie perché non ci sia un “buco energetico”. Il governo tedesco sembra quindi indirizzato ad aprire le nuove centrali a gas ed a carbone che di fatto non ridurrebbero le emissioni di CO2. E nonostante l’abbandono, più o meno prossimo, del nucleare da parte di Germania, Svizzera e Italia, vi sono numerosi paesi europei fermamente decisi e convinti dei loro programmi atomici (Francia, Svezia, Finlandia, Belgio e quasi tutti quelli dell’Est). Non solo, oggi nei paesi dell’Unione Europea, il 28% dell’energia proviene dal nucleare, il 27,6% dal carbone, il 23,2% dal gas naturale, il 19% dal petrolio e solo il 2,2% dalle rinnovabili (in Francia il 78,4% dell’energia proviene dal nucleare, in Italia il 56,6% dal petrolio, in Polonia il 91,5% dal carbone!). E gli ambientalisti non vedono un futuro rosa, basti pensare lo stesso Barak Obama, che nel 2008 durante la campagna presidenziale aveva affermato di voler puntare sulle energie verdi, il 14 maggio scorso ha autorizzato le trivellazioni di petrolio in Alaska e nel Golfo del Messico. Con l’alt al nucleare, sembra partita la corsa al petrolio ed al gas. La IEA ha indicato che il Polo Nord conserverebbe 85 miliardi di barili di greggio e 44 mila miliardi di metri cubi, il Golfo del Messico riserve di 50 miliardi di barile di greggio, Cuba 5 miliardi di barili, il Brasile 60 miliardi, in Africa occidentale ed Angola complessivamente 25 miliardi di barile, tutti giacimenti prossimamente sfruttabili grazie alle nuove tecnologie in campo estrattivo. Il futuro dell’energia non è ancora verde.
RDF

1 commento:

Francesco Della Lunga ha detto...

Vorrei soltanto esprimere alcune considerazioni riguardo alla scelta dell'Italia ed anche degli altri paesi europei (in primis Germania e Svizzera) che hanno deciso di ridimensionare fortemente il programma nucleare. L'Italia, è noto, aveva già deciso il proprio destino una ventina di anni fa con l'abbandono del proprio piano nucleare dopo la tragedia di Chernobyl. Prima di Fukushima però il governo italiano aveva deciso di rivedere questa decisione contando anche sull'effetto tempo e sul fatto che le tecnologie disponibili oggi fossero abbastanza sicure. Il dibattito si era riaperto e si erano notate alcune prese di posizione abbastanza curiose specie da parte di alcuni noti studiosi e manager che in passato avevano osteggiato il nucleare (Chicco Testa il nome più famoso che mi viene in mente). Però bisogna riconoscere che quelli che, prima di Fukushima, erano contrari per ragioni diciamo oggettive, non avevano, a mio avviso tutti i torti: si sosteneva intanto che il programma nucleare italiano avrebbe attivato investimenti massicci in un settore in cui l'Italia aveva accumulato un ritardo tecnologico enorme e che le nuove centrali sarebbero già nate obsolete in partenza; poi si sosteneva, anche questo a ragione, che il ciclo dell'atomo non era stato compreso in tutto il suo processo. Rimane apertissima la questione del decadimento delle scorie nucleari oltre che del loro smaltimento. Le modalità con le quali oggi si smaltiscono non sarebbero sicure (difficile dire il contrario) specie considerando i tempi di decadimento, ovvero dei tempi oltre i quali le scorie non emettono più radiazioni ritenute nocive per l'organismo umano che, secondo le stime degli studiosi superano qualche decina di migliaia di anni. Perchè allora puntare di nuovo allo sviluppo di una tecnologia così pericolosa invece che dedicarsi alle nuove energie rinnovabili? Chi scrive non è convintamente antinuclearista, ma effettivamente se l'atomo fosse in casa nostra ci sarebbe molto da preoccuparsi, dato il livello di conoscenza ad oggi disponibile. A vantaggio del rinnovabile, a mio avviso, sussiste anche una forte ragione di carattere economico: il nostro paese ha perso davvero competitività in questo settore, ha perso finanziamenti ingenti per la ricerca nucleare, ha perso eccellenze nella ricerca, ha perso studiosi insomma, che potevano dare un contributo anche fondamentale nella scoperta dell'ultimo tassello mancante nel ciclo dell'atomo. E' davvero troppo tardi per tornare indietro. Forse altri paesi potranno primeggiare in questo settore, quei paesi che volenti o nolenti hanno insistito su questa tecnologia. L'Italia negli ultimi dieci anni ha puntato nello sviluppo delle rinnovabili. Ha concesso finanziamenti, ha permesso insomma che un'industria nascesse. Forse un'industria che ancora non ha disvelato al massimo le proprie potenzialità e dove, a detta di molti, ci sarebbero enormi margini di miglioramento. Puntando decisamente sulle rinnovabili, il nostro paese potrebbe davvero diventare un soggetto economico privilegiato o, detto in altre parole, leader in queste tecnologie e sfruttare al massimo, nei prossimi anni, un vantaggio competitivo che, in ambito industriale, non si riscontra forse dall'inizio del secolo. Potrebbe essere davvero la volta buona per contribuire, con la nuova industria nascente, ad una tumultuosa crescita del PIL. Un'occasione unica, che forse sarebbe il caso di non perdere.
Francesco Della Lunga