martedì 9 agosto 2011

BCE, la guida politica dell’Unione Europea

A cura di Roberto Di Ferdinando

La pubblicazione della lettera di Jean-Claude Trichet e Mario Draghi (rispettivamente attuale presidente della Banca Centrale Euopea, ed il suo successore tra tre mesi), spedita la settimana scorsa ai governi italiano e spagnolo perché effettuassero radicali riforme, ha fatto parlare gli analisti di governi commissariati. In effetti, a quanto pare la BCE ha fatto presente ai governi in difficoltà (si aggiungano alla lista anche la Grecia, Il Portogallo e l’Irlanda) che lei sarebbe intervenuta acquistando i loro titoli purché fossero fatte precise scelte politiche e le ha dettate. E le scelte, per l’Italia, sono pesanti. Nell’articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera di ieri si legge, riferita alla famosa lettera: “ci sono le misure da prendere, c’è il calendario secondo cui andrebbero applicate e non mancano neanche gli strumenti legislativi che la BCE chiede che i governi adotti: i più celeri e i più efficaci”. Ed ancora: “Sulle liberazioni in tutta la struttura dell’economia italiana, si suggerisce all’Italia di procedere per decreto in modo da accelerare il passo. […]privatizzazioni: si parla di cessioni anche per le società pubbliche locali. […]mercato del lavoro, un settore storicamente rimasto fuori dalle competenze europee, […]: meno rigidità nelle norme sui licenziamenti dei contratti a tempo indeterminati, interventi sul pubblico impiego, superamento del modello attuale imperniato sull’estrema flessibilità dei giovani e precari e sulla totale protezione degli altri, una contrattazione aziendale che incentivi la produttività”. Al di là delle responsabilità ed incapacità delle compagini governative ed i loro indiretto “commissionamento”, ciò che si evidenzia in questi giorni è che la BCE è divenuta una vera e propria istituzione politica, pur non avendo un mandato politico. Accanto alla Francia ed alla Germania, che si salvano dalla crisi grazie al loro sistema economico, più che per i loro leader, ecco apparire la BCE come il terzo soggetto che guida l’UE. Infatti la BCE ha il potere, “gestendo” la moneta, di imporre scelte politiche, con ricadute sociali, ai paesi comunitari, che non hanno avuto o non hanno il coraggio di compiere. Se alcuni mesi fa i governi dei paesi oggi in crisi avessero avanzato progetti in materia di assistenza, previdenza e mondo del lavoro, quegli stessi governi sarebbero stati messi in difficoltà dalle piazze. Oggi invece tutti noi accettiamo i sacrifici, perché ce lo dice la BCE e perché abbiamo paura della crisi e quindi di fallire. Il problema è quindi anche quale futuro ha la rappresentanza politica, che nasce dalle elezioni, se le sue scelte dovranno essere vagliate (dettate?),da organi meta-politici, ma non espressione di consultazioni elettorali? E’ vero che i paesi membri, incapaci di affrontare in tempo le riforme dovute, hanno chiesto l’aiuto alla BCE, che quindi chiamata in causa ha imposto i propri dettami, ma non si rischia così di dare all’istituzione di Francoforte un potere eccesivo in un campo (politico) non suo e dall’altra non è che così si depotenzia e deresponsabilizza la Politica: tanto poi chiediamo aiuto a mamma BCE!?
RDF

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