martedì 29 maggio 2012

Convegno: The EU and the World: New Challenges and Trends

31 maggio-1° giugno 2012

The EU and the World: New Challenges and Trends

Ore 9.30 - Aula Magna del Polo delle Scienze sociali, via delle Pandette, 9 - Firenze

Organizzazione: Facoltà di Scienze politiche “Cesare Alfieri, Centro Jean Monnet, in collaborazione con l'Agenzia nazionale Lifelong Learning Program, il Centro di Documentazione Europea dell’Università di Firenze, sotto l'alto patronato del Parlamento Europeo

Per saperne di più: http://www.unifi.it/relazioni-internazionali-studi-europei/CMpro-l-s-33.html
http://www.unifi.it/relazioni-internazionali-studi-europei/upload/sub/programma_italiano_23_maggio.pdf

venerdì 25 maggio 2012

Non c'è pace neanche per il caviale

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Sembra che Israele e Iran non riescano proprio a trovare un tema su cui andare d’accordo, perfino sul caviale devono contendersi e confrontarsi aspramente.
Andiamo per ordine. Fino ad alcuni anni fa il 95% del caviale presente sulle tavole di tutto il mondo proveniva dal Mar Caspio e la maggioranza di questo non era d’allevamento. L’Iran era uno dei più importanti esportatori di caviale, era, perché adesso la sua posizione dominante nel mercato mondiale delle uova di storione è minacciata dai nuovi produttori, tra cui Israele che ha visto difatti aumentare del 25% la produzione ed esportazione di questo pregiato alimento. Nei kibbuz del Nord, grazie alle acque montane è fiorita la storionicoltura, agevolata anche dalle conoscenze vendute ad Israele da consulenti russi, curiosamente sono russi anche i tecnici che stanno fornendo (servizio ben remunerato) il know-how al programma atomico iraniano. A rendere sempre più dinamica la produzione israeliana di caviale, anche il divieto, per un ebreo osservante, secondo le regole kosher dell’alimentazione, di  mangiare le uova di qualsiasi pesce. Ecco quindi che quasi tutto il caviale israeliano è esportato, divenendo il principale rivale per quello iraniano.
Ma la guerra alimentare tra Israele e Iran non si gioca solo sul caviale, infatti già in passato avevamo denunciato la polemica tra Gerusalemme e Teheran per via dei pistacchi. Infatti Israele ne è un grande importatore dalla Giordania e dall’Egitto, senza però sapere (o far finta di sapere) che quei pistacchi, in verità, provengono dall’Iran. A tal proposito si veda il nostro post: http://recintointernazionale.blogspot.it/2008/06/notizie-dal-medio-oriente-iran-israele.html .
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mercoledì 23 maggio 2012

Tornare alla dracma? Sì, ma a quella della Grecia classica

(fonte: Il Giornale), a cura di Roberto Di Ferdinando

Non si fa altro che parlare, negli ambienti economici, sull’opportunità o meno che la Grecia esca dall’euro e ritorni alla propria valuta nazionale: la dracma. Mah! La dracma moderna, che fu adottata in Grecia nel 1832, quando il paese si sottrasse alla dominazione ottomana, ed è esistita fino a qualche anno fa, quando Atene decise, e l’UE accettò forse troppo frettolosamente, di aderire all’Eurozona, nella sua lunga vita non ha dimostrato però mai grande stabilità e peso. Altra storia invece fu la dracma antica, della Grecia classica. La dracma classica era un piccolo disco di 4 grammi di peso. Su di una facciata era impresso il profilo della dea Atena, con l’elmo guerriero, dall’altra, l’immagine di una civetta (oggi, anche nella facciata della moneta da 1 euro greco è riportata una civetta). E la Grecia di allora era talmente ricca che si era diffuso il modo di dire, per indicare qualcosa di superfluo: “portare civette ad Atene”. Il suo nome, dracma, derivava e deriva dal verbo, dràssomai, cioè “stringo nel pugno”; in effetti in origine, prima che diventasse un conio tondo, con il termine dracma si indicava sei strisce di metallo grezzo.
Se oggi volessimo dare un valore attuale alla dracma antica, secondo gli storici, dovrebbe essere non inferiore ai 40 dollari odierni, quindi una moneta con un potere d’acquisto ed un peso economico straordinario. Non a caso, per questo suo valore effettivo, la dracma antica fu per molti secoli una moneta di riferimento ed utilizzata molto negli scambi commerciali. Scavi archeologici hanno portato alla luce dracma in Egitto, Spagna, Italia del Sud e Persia (Iran). Non solo, i commercianti arabi chiamavano la loro moneta, dhiram, derivandola dal dridracma (doppia dracma). Ancora oggi in Marocco e negli Emirati Arabi Uniti, la moneta nazionale è il dhiram, ed in Armenia il diram.
Curiosamente hanno origine greche anche molti termini economici che quotidianamente usiamo per descrivere la drammatica crisi economica greca (legge del contrappasso?) e internazionale. Ad esempio la parola inglese spread (il differenziale tra i titoli di Stato di un paese e quelli della Germania, ritenuti i più affidabili) deriva dal greco, speiro, “io semino”, cioè il ventaglio di semi lanciato per seminare la terra e trarne ricchezza. Ed ancora, il termine default, cioè l’insolvenza di un paese a rimborsare il proprio debito, trae origine dal greco sphàllein che significa atterrare un avversario con uno sgambetto, il farlo rovinare a terra. Ed infine parlando di crisi internazionale e crisi greca, ecco la parola crisi, dal greco krisis. L’atto drammatico del krinein, il decidere, la scelta fatale, la scelta finale.
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martedì 15 maggio 2012

Convegno: "Dopo il vertice di Seoul: sicurezza nucleare e diplomazia globale"

18 maggio 2012
Convegno: "Dopo il vertice di Seoul: sicurezza nucleare e diplomazia globale"
Prolusione di Kim Young-Seok (Ambasciatore della Repubblica di Corea presso la Repubblica Italiana): "Outcomes of Seoul Nuclear Security Summit"

Intervengono: Umberto Gori e Leopoldo Nuti. Introduce Luciano Renato Segreto (delegato alle relazioni internazionali, Facoltà di Scienze Politiche "Cesare Alfieri"). Modera Matteo Gerlini (Istituto Ricerche e Studi Internazionali).

ore 11 - Polo delle Scienze Sociali, Edificio D4, Aula 1.13, via delle Pandette, 32 - Firenze
Organizzazione: Centro d'eccellenza "Jean Monnet", Centro Interuniversitario "Machiavelli", IRSI (Istituto Ricerche e Studi Internazionali)

Per saperne di più: http://www.unifi.it/upload/sub/notizie/agenda/sicurezza%20nucleare%20e%20diplomazia%20globale_18mag12.pdf

LIBERTÀ DI STAMPA: CONVEGNO SU PROSPETTIVA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE

Appuntamento promosso dal centro Unesco di Firenze, mercoledì 16 maggio alle 17:00 in palazzo Bastogi. Saluto del presidente del Consiglio Alberto Monaci. Intervengono Maria Luisa Stringa, Leonardo Bianchi, Massimo Lucchesi, Andrea Tatafiore

Nuove dimensioni della libertà di stampa, nella prospettiva costituzionale e internazionale. Questo il tema – e il titolo - del convegno di mercoledì 16 maggio alle 17:00, in Palazzo Bastogi (via Cavour 18), promosso dal Centro Unesco di Firenze nell’ambito dell’attenzione Unesco per i problemi connessi con la libertà di stampa.

Dopo il saluto istituzionale di Alberto Monaci, presidente del Consiglio, l’intervento introduttivo sarà svolto da Marialuisa Stringa, presidente del Centro Unesco di Firenze.

Interverranno quindi Leonardo Bianchi, docente di diritto dell’informazione e della comunicazione (Università di Firenze); Massimo Lucchesi, vicecaporedattore TGR Rai Toscana, già presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana; Andrea Tatafiore, docente di diritto d’Autore e della multimedialità (Università di Teramo) e socio fondatore del club Unesco dell’Aquila.
Info: http://www.consiglio.regione.toscana.it/news-ed-eventi/convegni-incontri-e-ricerche/2012-convegni/liberta-stampa.pdf

lunedì 14 maggio 2012

Firenze ricorda Amedeo Guillet, eroe italiano in Africa Orientale

A cura di Francesco Della Lunga

“Il 19 gennaio, la 4° e la 5° divisione indiane attraversarono il confine a nord del Nilo Azzurro; […] incontrarono scarsa resistenza, anche se a un certo punto vennero caricate da un ufficiale italiano su un cavallo bianco, alla testa di una banda di cavalieri amhara lanciata alla disperata contro le loro mitragliatrici” – John Keegan, La seconda guerra mondiale.

Si è svolta a Firenze, lo scorso 7 maggio, presso il Cinema Teatro Odeon, la presentazione di un lungometraggio realizzato e curato da Ascanio Guerriero sulla vita avventurosa, pericolosa, in una parola straordinaria di Amedeo Guillet, personaggio ai più sconosciuto ma vera icona di un’Italia, oggi purtroppo assai rara, o almeno così ci pare, che racchiude in sé principi desueti quali l’amor di patria, l’abnegazione, il rispetto per le istituzioni (prima monarchiche, poi repubblicane). Sulla sua vita potrebbe essere realizzato un film epico e questo lungometraggio in qualche modo potrebbe diventare il primo pezzo di un tassello che porterebbe molti di noi a riflettere su un passato neppure troppo lontano.
Se vi chiedete chi fosse Guillet potrete avere risposta leggendo due biografie, una del suo biografo italiano, lo storico Dan Vittorio Segre con il titolo “Le guerre private del tenente Guillet”, l’altra dal suo biografo irlandese, Sebastian O’kelly, “Amedeo”. Quanto visto rappresenta, a nostro avviso, efficacemente il profilo di questo italiano che ebbe modo di coprirsi di gloria fino a divenire il “Lawrence d’Arabia” dell’Africa Orientale Italiana.

Amedeo Guillet nacque nel 1909 da una famiglia di origini aristocratiche piemontesi; il padre era ufficiale nell’esercito regio e fu combattente durante la Grande Guerra. Iniziò presto la sua carriera militare nel reparto di cavalleria di Pinerolo dove ben presto fu notato dai superiori come eccellente cavaliere. Durante il periodo del fascismo Guillet fu mandato in Africa nelle colonie italiane ed ebbe esperienze in Libia ed in Eritrea. Dopo un intervento nella Guerra di Spagna fu nuovamente inviato in Eritrea richiamato dal Duca D’Aosta con il grado di tenente. Guillet divenne poi, a guerra scoppiata, il comandante di un gruppo di truppe indigene che avevano il compito di bloccare l’avanzata degli inglesi a Cheren. Nonostante gli inglesi fossero in sovrannumero e molto meglio armati dei nostri militari, Guillet, al comando delle Bande Amhara a cavallo (contro carri armati!), riuscì a tenere impegnati i sikh per diversi giorni sull’altopiano. Quando l’avanzata inglese non poté più essere fermata e dopo che gli italiani furono dichiarati sconfitti, Guillet ed i suoi non si arresero ma si diedero alla macchia. Profondo conoscitore dei costumi eritrei, riuscì in una incredibile opera di mimetizzazione fino a passare come uno di loro. Ed assieme agli eritrei continuò nel suo tentativo di bloccare gli inglesi intraprendendo azioni di disturbo e vere e proprie imboscate. Gli inglesi si accorsero che alla testa di questi gruppi c’era un italiano ed iniziarono a dargli la caccia. Nel frattempo era divenuto il “comandante diavolo”. Verso la fine del 41 anche questo tentativo di prolungare la guerra dovette cessare. Guillet rimase solo e decise di fuggire verso lo Yemen. Arrivò a Massaua, ma venne rapinato. Tentò di attraversare il deserto, rischiò la morte, ma venne raccolto da un venditore di acqua proprio quando la sua vita era ormai appesa ad un filo. Questi riuscì a farlo imbarcare clandestinamente per lo Yemen che in quel periodo non era ostile agli italiani. Era infatti dallo stato arabico che partivano i piroscafi della Croce Rossa per rimpatriare gli italiani che erano nel frattempo stati cacciati dall’Eritrea. Dopo diverse disavventure il nostro riuscì a salire su uno di questi piroscafi e dopo aver circumnavigato l’Africa fece rientro in Italia. Una volta raggiunto il territorio nazionale si mise a disposizione dell’esercito regio, ma l’Italia era ormai divisa in due (le forze alleate avevano già iniziato la risalita della penisola e la guerra partigiana era in pieno svolgimento); il Re era riparato a Brindisi. Guillet si mise nuovamente a disposizione della monarchia e tornò a combattere, stavolta a fianco degli inglesi. Al termine della guerra, una volta che la monarchia fu sostituita dalla Repubblica, Guillet iniziò la carriera diplomatica che lo portò verso le terre a lui ormai familiari, l’Egitto, l’Eritrea, lo Yemen, l’India. Non solo uomo d’azione, ma anche un diplomatico eccezionale, in grado di migliorare i rapporti con tutti i paesi nei quali avrebbe avuto mandato.
Una volta chiusa la sua carriera diplomatica, Guillet decise di vivere in Irlanda. In questo paese avrebbe avuto numerosi riconoscimenti dai suoi nemici. Il nostro Paese ha iniziato a rendergli omaggio sul finire degli anni Novanta. Amedeo Guillet si è spento all’età di 101 anni nel 2010.

Il ragazzo scomparso

(fonte: Sette-Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Gedhun Choekyi Nyima è un ragazzo di 23 anni, od almeno dovrebbe esserlo; il dubbio è dovuto al fatto che dal 1995 non sappiamo più nulla di lui, rapito, forse, dalle autorità cinesi. Ma perché è così importante la sua storia? Gedhun Choekyi Nyima è stato individuato dal Dalai Lama come l’11° Panchen Lama (Grande Erudito), cioè la seconda carica lamaistica più importante per il Tibet. Il Panchem Lama è un monaco del Buddhismo tibetano che ha lo scopo di contribuire allo sviluppo del Dharma e al suo insegnamento, è direttamente soggetto al Dalai Lama, non ha alcun potere civile ed è la personificazione del Buddha della Conoscenza.
Gedhun Choekyi, bambino, fu riconosciuto dal Dalai Lama, come l’incarnazione di Lobsang Gyaltsen, l’ultimo Panchen Lama, morto nel 1989. Ma nel 1995 scomparve, fatto sparire dalle autorità cinesi (“il più giovane prigioniero politico del mondo”), che decisero di mettere al suo posto un altro bambino, da educare secondo i dettami del regime di Pechino e renderlo così fedele alla causa cinese. Il Panchen Lama “cinese”, quindi partecipa ai lavori della camera basa del Parlamento di Pechino e rilascia dichiarazioni favorevoli al regime: “le auto-immolazioni di tibetani che protestano contro pechino non hanno nulla a che fare con la libertà religiosa”.
E Gedhun Choekyi? Nessuna notizia. Pechino dice che è al sicuro, con la sua famiglia, ma c’è chi sospetta che possa essere anche morto. Troppo scomodo.
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mercoledì 9 maggio 2012

L’anagrafe e i cognomi stranieri

(fonte: ItaliaOggi), a cura di Roberto Di Ferdinando

Sta diventando un problema serio e diffuso quello che in questi mesi devono affrontare le anagrafe dei comuni italiani. Il problema riguarda la mancata disciplina in riferimento ai cognomi di cittadini stranieri che risiedono in Italia o che assumono la cittadinanza italiana. Infatti non bastano le varie circolari del Ministero dell’Interno per regolarizzare ed uniformare le modalità di comportamento delle anagrafi quando si trovano di fronte a cognomi complessi. Difatti, nella pratica sorgono numerose problematiche. Ad esempio, molti cittadini filippini hanno il cognome di “mezzo”, cioè il cognome materno, che è in mezzo al nome proprio e il cognome, ma non sempre le anagrafi lo colgono come un doppio cognome, anzi, cadono nell’errore di ritenerlo un secondo nome o un primo cognome.
Gli addetti comunali incontrano ancora più difficoltà con i cognomi arabi, in particolare con i cognomi dei cittadini egiziani. Infatti, in questo caso, dopo il nome proprio, spesso, succede il nome del padre ed i nomi del nonno e del bisnonno, in alcuni casi nei documenti ufficiali egiziani si arriva a citare anche il nome del trisavolo; ma non sempre questa elencazione è così lineare e rispettata.
Ed ancora, i cognomi dei pachistani e degli indiani sikh: i maschi e le femmine portano cognomi specifici del proprio sesso, Singh i maschi, Kaur le femmine, quindi una donna sikh che chiede di diventare cittadina italiana, prenderebbe il cognome del padre, cioè Singh, ma assume così una connotazione maschile. Lo stesso problema si presenta con i cognomi slavi che sono declinati al femminile con il suffisso –ova. Ma se un figlio vive solo con sua madre e non è stato riconosciuto dal padre, prendere quindi il cognome della madre, che indica però un genere femminile.
Inoltre in alcuni stati asiatici molte persone non hanno cognomi, oppure molte omonimie (paesi arabi) mentre in altri, specialmente in Africa, alcuni non  sanno la data precisa in cui sono nati e quindi nei loro paesi d’origine sono stati registrati all’anagrafe utilizzando, quale data di nascita, il primo giorno dell’anno, il tutto determina molti doppioni nell’assegnazione dei codici fiscali.
Infine, vi sono anche differenze di trattamento per alcuni cittadini stranieri. Infatti, gli spagnoli ed i portoghesi, una volta diventati italiani, possono mantenere il cognome della madre oltre a quello del padre, invece i cittadini sudamericani, se acquisiscono la cittadinanza italiana, devono abbandonare il cognome materno.
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martedì 8 maggio 2012

Lectio magistralis in honour of Antonio Cassese: Human rights and International Justice after the fall of the Berlin Wall: A critical Assessment

15 maggio 2012
Lectio magistralis in honour of Antonio Cassese: Human rights and International Justice after the fall of the Berlin Wall: A critical Assessment
Relatore Aryeh Neier, President of the Open Society Foundations
Ore 10 - Facoltà di Scienze Politiche, Polo di Scienze sociali, edificio D5, aula 107, via delle Pandette, 21 - Firenze
Organizzazione: Facoltà di Scienze Politiche, "Cesare Alfieri" dell'Università di Firenze
Per saperne di più: http://www.unifi.it/upload/sub/notizie/agenda/LECTIO%20MAGISTRALIS%20IN%20HONOUR%20OF%20ANTONIO%20CASSESE-%2015mag2012.pdf

giovedì 3 maggio 2012

Seminario permanente: "Guerra e parole: come le parole cambiano la guerra"

8 maggio 2012
Nell'ambito di "Lezioni fiorentine: legge e desiderio tra oriente e occidente",
Seminario permanente: "Guerra e parole: come le parole cambiano la guerra"
Relatore Gen. Dino Tricarico (già capo di stato maggiore dell'Aeronautica)
Ore 11 - Polo delle Scienze sociali, edificio D6, aula 018, via delle Pandette, 9 - Firenze
Organizzazione: Facoltà di Scienze Politiche "Cesare Alfieri"
Per saperne di più: http://www.unifi.it/upload/sub/notizie/agenda/locandina_oriente_occidente_lezioni17apr29mag.pdf

mercoledì 2 maggio 2012

Ma Netanyahu dice la verità?

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Nei giorni scorsi, Yuval Diskin, l’ex responsabile dello Shin Bet, l'agenzia di intelligence per gli affari interni dello stato di Israele, ha rilevato alla stampa israeliana di non credere più alle dichiarazioni del governo di Israele in riferimento al programma nucleare dell’Iran. Diskin, infatti, ha denunciato che il premier israeliano Netanyahu e il ministro della Difesa, Barak, stanno diffondendo notizie false sull’Iran e le sue capacità nella costruzione della bomba atomica per giustificare un prossimo attacco israeliano a Teheran (circa 200 caccia-bombardieri israeliani sono pronti per decollare all’istante). Anzi, Diskin afferma che proprio la politica aggressiva dell’attuale governo israeliano sta spingendo l’Iran a realizzare effettivamente un programma atomico, unico deterrente difensivo per il paese degli ayatollah. Il governo ha accusato Diskin di essere un clown e di agire solo per rabbia e frustrazione. Rabbia o pagliaccio, Diskin però non è il primo ex collaboratore dell’attuale governo israeliano ad accusare Netanyahu e compagnia di falsità. Già l’ex  capo di Stato maggiore Ashenazi, l’ex capo del Mossad, Dagan, l’ex capo degli 007 militari, Yadlin, l’ex consigliere della sicurezza del governo, Arad…, avevano denunciato il governo di Israele di ingannare l’opinione pubblica sulla questione della bomba atomica iraniana. Dov’è la verità?
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