giovedì 11 agosto 2011

Gli indignados israeliani

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Le proteste di piazza dei giovani e delle classi medie si stanno moltiplicando nel mondo. Gli indignados (il movimento di protesta è nato nella primavera di quest’anno in Spagna) ormai stanno occupando le vie delle principali capitali mondiali, manifestando la loro rabbia contro la classe politica ed i governi accusati di non essere stati in grado di prevenire od affrontare e superare la crisi con adeguate riforme, capaci solo di chiedere oggi ai loro cittadini solo dei sacrifici economici. Recentemente gli indignados sono apparsi anche per le strade di Tel Aviv e di Gerusalemme, e qui vederli fa un certo effetto. Infatti, Israele nasce su un “un accordo non scritto - come scrive Ari Shavit dalle pagine di Haaretz (qui tratto dall’articolo di Davide Frattini del Corriere della Sera)- che recitava così: questo è un luogo di vita e di morte. Nessuno qui resterà senza un tetto sopra la testa. Nessuno senza un lavoro. Nessuno dovrà rinunciare all’educazione e alla sicurezza finanziaria”. Oggi queste sacre parole sembrano perdersi di significato, infatti la disparità sociale è aumentata. Negli ultimi anni gli stipendi degli israeliani medi non reggono il continuo aumento dei prezzi delle case e dei prodotti alimentari, mentre “gli stipendi degli alti dirigenti sono triplicati […], i guadagni delle società quotate in Borsa sono aumentati del 300% negli ultimi 10 anni”. Uno sviluppo economico senza equità sociale, senza la tradizionale distribuzione del benessere è questo rende gli israeliani indignados, più indignados degli altri.
RDF

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