domenica 1 maggio 2011

Arraffa-terra

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Si chiama landgrabbing (arraffa-terra) la nuova minaccia per l’Africa. Con questo termine si indica il recente fenomeno di acquisto di terre coltivabili in Africa da parte dei paesi emergenti asiatici. Fino a qui niente di scandaloso e nuovo, ma a preoccupare le istituzioni internazionali sono invece le modalità e le conseguenze con cui questo metodo si applica e provoca. Cina, Corea del Sud, India ed Arabia Saudita, le più attive in questo nuovo “colonialismo”, negli ultimi anni hanno fatto incetta di territori coltivabili e fertili in Africa sub saharia, per produrre cibo (il 37% dei terreni) e agrocarburanti (35% dei terreni) per i propri mercati interni in quanto le loro coltivazioni e risorse energetiche non riescono a soddisfare la sempre più crescente domanda interna. Il problema è che questi acquisti si basano su vere e proprie speculazioni, infatti i terreni sono acquisiti a valori sottostimati, grazie alla complicità dei governi africani corrotti, inoltre le popolazioni locali sono estromesse da questi terreni e costrette a rifugiarsi nelle sempre più povere periferie della grandi città del continente nero, infine l’arrivo di questi “investitori” stranieri non garantisce neanche una ricaduta positiva per l’economia locale, difatti gli stranieri utilizzano mano d’opera e strumenti provenienti dai proprio paesi.
Secondo la Fao i paesi che fino ad oggi hanno subito il landgrabbing sono, principalmente, l’Etiopia, Ghana, Madascar, Mali, Tanzania, Zambia e Congo (qui la Cina ha acquistato 2.800.000 ettari), si stimano 389 acquisizioni di larga scala in 80 paesi, e dal 2007 al 2009 almeno 20 milioni di ettari coltivabili sono stati venduti dai governi africani a privati stranieri.
RDF

1 commento:

Francesco Della Lunga ha detto...

Mi era capitato qualche tempo fa di leggere un articolo che parlava dello stesso fenomeno (non ancora rubricato con la parola landrabbing)e dove si faceva cenno, allora come nell'articolo citato da Roberto, dell'attivismo cinese soprattutto, nell'acquisto di terreni fertili proprio in Etiopia. Chi ci legge sa che noi abbiamo sempre avuto un occhio di riguardo all'africa ed ai suoi paesi. L'Etiopia poi è rimasta a lungo un paese con cui l'Italia ha avuto interessi dovuti al legame, seppure breve, del colonialismo. Ad ogni modo è proprio così, i paesi asiatici, primi fra tutti la Cina, stanno facendo incetta di queste terre. Si tratta di un nuovo colonialismo che però, se vogliamo, non è troppo differente da quello storicamente conosciuto a cavallo fra l'Ottocento ed il Novecento. In molti casi infatti le potenze coloniali iniziavano proprio così la loro avventura in queste terre, acquistando per l'appunto dei terreni dai governi locali. Il nostro paese iniziò l'avventura in Eritrea acquistando il terreno prospicente la baia di Assab proprio da un sultano locale. E non fu l'Italia in quanto stato a comperarlo, ma una compagnia privata, la storica compagnia di navigazione genovese Rubattino che acquistò quel terreno per conto del governo italiano. Siamo ovviamente lontani ad un nuovo "scramble for Africa", ma il concetto è sempre quello, l'appropriazione di terre fertili di paesi ancora poveri ed ancora molto deboli politicamente, governati da politici molto spesso corrotti ed in stati in cui la democrazia è ancora lontanissima. L'Africa è ancora una volta al centro dell'interesse delle nuove potenze economiche mondiali perchè è un territorio vastissimo, ancora in larga parte privo di un controllo centrale da parte dei governi (si pensi ad esempio al Congo, dove la guerra civile che sin dai tempi dell'Indipendenza concessa dal Belgio non ha mai permesso la nascita di un vero e proprio stato, dove ampie regioni di quel paese sono a tutt'oggi inaccessibili dagli occidentali, ma anche a larghe aree dell'Etiopia, lo stesso Sudan tanto per citarne alcuni). L'Africa subsahariana è ancora a rischio contendibilità e le potenze asiatiche sembrano le prime ad essersene rese conto. Gli europei sono rimasti ai margini, forse perchè ancora impossibilitati a riaffermare la propria presenza in questo continente, senza suscitare nelle popolazioni locali, a lungo sfruttate, il sospetto di voler nuovamente governare il continente nero. Forse riusciremo a vedere per quanti anni ancora gli asiatici riusciranno a scippare gli africani delle loro risorse. Tutto questo cesserà solo quando i popoli africani matureranno una loro coscenza di nazione e di stato moderno. Un percorso ancora in parte da costruire, e molto lontano dall'essere terminato. Francesco Della Lunga