giovedì 5 maggio 2011

L'uccisione di Bin Laden. L'evento, le opinioni pubbliche occidentali, la Grande Potenza

La morte di Bin Laden contiene in se aspetti negativi e positivi, a seconda di molteplici punti di vista che possono essere presi come base per delle considerazioni. Ragione di Stato, cultura giuridica occidentale, modalità di intendere l’azione militare o la guerra, il ruolo dell’intelligence nel mondo dominato dal terrorismo, questi alcuni concetti su cui si potrebbe ragionare.
Se prendiamo la ragione di Stato, gli Stati Uniti e larga parte del mondo occidentale hanno avuto la loro vendetta. Un criminale, il più pericoloso degli ultimi decenni, da quando le guerre convenzionali hanno lasciato il passo a guerre di tipo asimmetriche, è stato finalmente giustiziato. Leggendo i giornali sono stati fatti anche alcuni accostamenti con leader politici o dittatori o criminali del passato. Se Bin Laden è stato definito ed accettato come il Male Contemporaneo, possiamo certamente accostarlo alla vicenda di Hitler, con pochissimi punti in comune però ed enormi differenze. Qualche punto in comune: la fine violenta di un uomo che ha seminato violenza, la scomparsa del corpo, la probabile mancanza (ma su questo pare che nelle prossime ore avremo delle novità) di filmati o foto che ne confermino la scomparsa, l’esigenza comunque di far scomparire il cadavere per evitare che le sue spoglie mortali costituiscano luoghi di pellegrinaggio. E’ vero che Hitler si suicidò nel bunker e diede ordine di bruciare il suo corpo, ma per lungo tempo si è anche sostenuto che i sovietici ne avevano trovato ed occultato i resti in luoghi segretissimi. Di fatto ad oggi nulla è stato trovato. Per tutto il resto, i due personaggi sono difficilmente accomunabili perché, soffermandoci solamente ad elementi superficiali, Al Quaeda non è uno Stato, non è un esercito regolare, non possiede armamenti avanzati (prova ne è l’uso di kamikaze per le azioni più eclatanti), non ha perseguito la sistematizzazione dello sterminio come il Nazismo, magari perché non ne ha avuto i mezzi (bisognerà studiare, se verranno trovate delle fonti certe, il fenomeno di Al Quaeda per poter azzardare degli accostamenti come questi), ma le condizioni, appunto, come il controllo di un territorio e di una legge e di un popolo non sono differenze da poco. Altri leader politici, soprattutto per rimanere alla storia del Novecento, hanno visto terminare la propria vicenda politica in maniera violenta. Da noi Mussolini, ucciso dai partigiani. In tempi più recenti, stessa sorte è capitata al rumeno Ceausescu, poco dopo la caduta del Muro. Infine, il più recente di tutti, la morte di Saddam Hussein, altro dittatore usato e odiato dall’Occidente, comunque deposto dopo l’intervento americano in Iraq, sempre nell’ambito della guerra globale al terrore. Difficile comunque dire chi fosse Bin Laden. Un fanatico guerrafondaio, un terrorista, l'uomo che il mondo islamico aspettava per riparare i torti subiti da secoli di ingerenze occidentali. La figura di Bin Laden potrebbe accostarsi un poco a quella di Che Guevara, immaginando che egli volesse esportare la Jihad mentre il secondo il comunismo nel mondo. Non sappiamo però se la Jihad si basa su un'ideale egualitario, e comunque si tratta di una guerra dettata da motivazioni religiose, mentre per il comunismo la questione religiosa non si poneva in questi termini. La lotta di Guevara, comunque la si voglia pensare, aveva realmente un anelito egualitario. Ci viene di fare un'azzardo solo per il fatto che i due personaggi si sono dedicati interamente alla loro causa, fino all'estrema conseguenza. La modalità della morte del Che è stata, per quello che se ne sa, molto diversa. Non è stata un'azione di intelligence così spettacolare ed organizzata, ma una situazione generata da non poche casualità (per quello che abbiamo potuto leggere. Ma anche in quel caso, in un mondo con una tecnologia “primitiva”, rispetto a quella odierna, c’è stato bisogno di un contatto fisico, una persona di raccordo, che abbia condotto al luogo dove il leader argentino si trovava. In quel caso la “spiata” venne attribuita allo scrittore francese Regis Debray, oggi ad un non meglio precisato Al Kuawaiti, di professione “corriere”.
Se prendiamo le ragioni della cultura occidentale invece, imperniata sul rifiuto dell’assassinio di Stato e sul rifiuto dell’esecuzione sommaria, a vantaggio della cattura e del processo, la morte di Bin Laden non può rappresentare un passo avanti. Anche in questo caso, la storia recente può aiutarci: non sappiamo se Hitler sarebbe stato giustiziato dai plotoni dell’armata rossa arrivata nei dintorni del bunker assediato, sappiamo invece cosa è accaduto a tutti gli altri gerarchi che, a vario titolo, furono catturati. Per loro fu aperto il più grande processo di tutti i tempi, quello di Norimberga, che ne decretò la loro condanna a morte. La pena di morte allora non era scomparsa dai paesi occidentali e non è mai scomparsa dagli Stati Uniti, principali vincitori del secondo conflitto mondiale. Però la condanna venne inflitta dopo un processo poderoso, dove, nonostante le difficoltà procedurali e di diritto, il mondo poté effettivamente verificare, con il contorno delle opinioni pubbliche, le atrocità commesse dai nazisti. Alla fine, anche l’esecuzione di Saddam Hussein, seppure con tribunali neppure paragonabili a quelli di Norimberga, è arrivata alla fine di un procedimento giuridico, seppure ritenuto dai più un processo farsa. In tempi più recenti, tribunali internazionali sono nati per giudicare coloro che si sono macchiati di gravissimi crimini contro l’umanità. Un tribunale, quello dell’Aja, è nato per giudicare i crimini di guerra avvenuti nella ex Jugoslavia. Il leader serbo Slobodan Milosevic, propugnatore della Grande Serbia, dopo molto tempo, è stato catturato ed accompagnato davanti a quel tribunale. La sua morte è avvenuta in circostanze misteriose, ma la giustizia avrebbe potuto trionfare, e senza la pena di morte. In Ruanda un tribunale internazionale con sede ad Arusha (Tanzania) sta giudicando i crimini avvenuti in quel paese nel 1994. Avremmo voluto insomma che anche a Bin Laden, in nome della primazia del diritto sulla forza, per lunga parte concetto vivo ed incarnato dalle varie amministrazioni americane che si sono succedute nella storia recente, fosse stato concesso un processo, anche se sommario e privo di garanzie come quelli avvenuti a carico dei detenuti di Guantanamo. Non ci risulta infatti per quei detenuti che vi sia una sia pur minima possibilità di difesa, o, meglio, che la loro difesa abbia una qualche possibilità di avvicinarsi tecnicamente al piano dell’accusa. Ma forse tutto questo avrebbe messo in piazza informazioni su un passato che non tutti desiderano rendere pubblico. Da molte parti si è infatti scritto del ruolo di Osama Bin Laden nella caduta dell’Armata Rossa in Afghanistan. Di questi misteri o di queste verità, ne sapremo qualcosa forse fra quarant’anni.
Ancora, se guardiamo l’accaduto dal punto di vista delle regole della guerra, l’uccisione del leader di Al Quaida è stato un innegabile successo. Gli USA hanno dimostrato di avere il predominio della tecnologia, con la quale è possibile, oggi, vincere le guerre asimmetriche ed eliminare, con la precisione chirurgica di un bisturi, i nemici, risparmiando le morti inutili degli innocenti civili. Washington ha dimostrato di avere un’intelligence insuperabile, di avere corpi militari addestrati per i compiti più duri e più difficili, ha ancora dimostrato la forza della Grande Potenza compiendo azioni coperte dove non può esserci garanzia di vita per chi ne è l’obiettivo, il target. Eppure la sensazione che si poteva catturare il più grande terrorista degli ultimi venti anni rimane. E con essa la convinzione che gli USA avrebbero guadagnato moltissimo in termini di autorevolezza morale, quell’autorevolezza che è purtroppo mancata assai spesso nelle ultime vicende internazionali.
Sul ruolo dell’Intelligence abbiamo poche osservazioni. I propugnatori dell’azione di forza potranno sostenere, ed a ragione, che l’intelligence ha avuto il suo ruolo fondamentale in azioni di questo tipo e gli USA hanno vinto la loro sfida. La tecnologia è fondamentale, è quasi incredibile pensare che ormai, con i satelliti ed aerei spia, droni e quant’altro, non è più possibile passare inosservati. Anche se poi, il ruolo umano diventa sempre determinante, nel bene e nel male. Alla fine, solo le soffiate o le scoperte dei fiancheggiatori aiutano ad assestare il colpo definitivo. Chi ama il genere, può leggere l’ultimo libro di Frederick Forsyth, un maestro del genere, con il suo “Il cobra”.
Ci pare infine che anche le opinioni pubbliche, di fronte a fatti di questo tipo, si siano trasformate, un po’ anche a causa dei media che rendono disponibili le notizie, accompagnandole con il solito linguaggio sensazionalistico e definitivo. Sembra che le opinioni pubbliche occidentali, lontane da far prevalere la ragione ed il pensiero, il raccoglimento o la compassione, si siano abbandonate tutte quante al tifo. E forse questo avviene anche inconsapevolmente perché in cuor loro, queste persone, ritengono, probabilmente di non fare nulla di sbagliato. Manifestano emozioni, tutto qua. E’ proprio questo il punto. Manifestare emozioni senza la mediazione della ragione. E’ anche la spettacolarizzazione e la voglia di omologarsi al comportamento prevalente. L’idea di essere inquadrati da telecamere e di poter apparire, in qualche modo, in un reportage giornalistico. Insomma, è stata un po’ sorprendente la reazione della popolazione americana dopo la notizia della morte di Bin Laden. Sul fatto che non sia stata spontanea non si nutrono dubbi. Che però sia stata indotta dalla grande stampa e dai partiti politici ci pare un pensiero legittimo. Forse Obama oggi può legittimamente pensare di essere rieletto, dopo due anni difficili. Ma da questa parte dell’Oceano ci saremmo aspettati una maggiore compostezza, anche in rispetto di tutti quelli che sono morti sotto gli aerei schiantatisi sulle torri gemelle. Ma forse siamo troppo lontani per capire l’America. Ed anche troppo diversi.
Per chiudere, riteniamo che gli USA avrebbero avuto qualcosa in più da guadagnare in un processo pubblico piuttosto che con la morte violenta di un nemico. Non sapremo mai la verità, ovvero in che modo si sono svolte le operazioni militari durante l’azione. Ma la sensazione che Osama poteva essere catturato rimarrà a lungo. In ogni caso, l’autorevolezza degli USA come ultima potenza ancora paladina del diritto, della libertà e dell’uguaglianza ne avrebbe giovato assai. Sempre che qualcuno abbia ancora il candore di crederci ancora.
Francesco Della Lunga

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