sabato 16 ottobre 2010

Kigali: città modello

Kigali, la capitale del Ruanda, che fu al centro del genocidio del 1994, è rinata diventando un modello di efficienza ed ecologia.
(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

3 commenti:

Roberto ha detto...

Nella primavera del 1994, Kigali, la capitale della repubblica del Ruanda, posta a circa 1.600 metri sul livello del mare ed adagiata su più colline, fu il luogo principale dove si consumò la sanguinosa guerra civile tra Hutu e Tutsi che causò la morte di oltre un milione di persone. Oggi, questa città è invece presa ad esempio per la sua efficienza. Popolata da quasi un milione di persone, ha strade e viali asfaltati in maniera perfetta e puliti, tutte gli edifici sono dotati di acqua ed elettricità, in ogni quartiere campi di calcetto e calcio. Lo sviluppo urbano ha seguito un attento progetto, che ha visto coinvolti privati locali e cooperative di lavoratori, niente, quindi, è stato lasciato al caso, anche dal punto di vista dell’impatto ambientale e quello ecologico. Infatti il Ruanda è l’unico paese al mondo dove è vietato l’uso di sacchetti ed altri involucri di plastica (Plastic Free Country); chi arriva dall’estero in Ruanda con sacchetti di plastica è invitato ad abbandonarli in appositi raccoglitori dove poi saranno adeguatamente smaltiti (efficiente anche la locale raccolta differenziata dei rifiuti). Una scelta che ripaga, infatti i corsi d’acqua del paese sono tutti puliti, garantendo al paese un’enorme riserva di acqua potabile. A guida di Kigali, dal 2006, una donna, Aisa Kirabi Kacyra, medico veterinario con master in Australia, che ricorda, intervistata dal Corriere della Sera, che tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione dei suoi concittadini e dei ruandesi tutti, un popolo con “grande dignità, un rispetto per l’ambiente e un’identità nazionale che in pochi hanno in Africa”. Da ricordare inoltre la scarsa propensione della corruzione nel paese e gli efficaci controlli: ogni quattro mesi il bilancio comunale è posto a controllo e verifiche. Ovviamente la città ed il paese continuano a registrare, per il momento solo in sottofondo e non prettamente violente, le storiche tensioni etniche.
RDF

Francesco Della Lunga ha detto...

E’ molto difficile, per chi è lontano dall’Africa, pensare che una città come Kigali sia riuscita oggi a diventare un modello di ordine e di eccellenza amministrativa. Il pregiudizio europeo è duro da morire. Eppure, quello che ci racconta Roberto prendendo spunto dal Corriere della Sera, potrebbe non essere troppo fuori dalla realtà, depurato dall’enfasi utilizzata spesso da chi scrive. Kigali fu al centro della guerra fra Hutu e Tutsi che deflagrò nel lontano 1994 e durò per pochi successivi mesi, almeno per quanto riguarda il conflitto aperto. Il conflitto, oltre a provocare un milione di morti, generò anche un flusso di diverse centinaia di migliaia di profughi che ripararono nella vicina Uganda, Burundi ed in Congo. Questi paesi sono ancora oggi alle prese con le recrudescenze di questa guerra interetnica che, abbandonato il paese d’origine, anche grazie all’intervento ugandese nel conflitto, si era spostata nel paese confinante e nella vicina RDC. Nonostante che i postumi dei conflitti in molti casi non si risolvano efficacemente se non dopo qualche decennio, parrebbe davvero che solo dopo sedici anni, Kigali sia la città che Roberto ha riportato dalle pagine del Corriere. Questa osservazione, almeno fino a ieri, avrebbe probabilmente messo d’accordo tutti. Dalla decolonizzazione ad oggi infatti, soprattutto nella parte sub sahariana, nell’Africa orientale e nell’Africa del sud, in nessuno o quasi nessuno dei paesi usciti dal controllo delle vecchie potenze europee, si è creato una situazione come quella di Kigali. Neppure nel Sudafrica post apartheid e post mondiali di calcio pare esistere un luogo come Kigali, dove le strade sono tutte asfaltate, illuminate, e dove la pulizia la fa da padrone. Un paradiso dove le differenze etniche sarebbero state definitivamente superate e la popolazione avrebbe trovato un modo “civile”, “europeo”, per andare d’accordo ed affermare il primato del governo delle elites locali. Le realtà africane paiono essere molto diverse. Ma forse Kigali, dopo un conflitto così cruento potrebbe avercela fatta. Un po’ di scetticismo unito però ad una punta di ottimismo potrebbe esserci concesso. Scetticismo perché, per rimanere nell’area, e spostandosi un po’ più verso nord est, l’Etiopia, uno dei paesi certamente più omogenei e forti del Corno d’Africa, è ancora lontano dagli standard che si sarebbero affermati a Kigali. L’Eritrea è isolata dalla dittatura di Afewerki, il Sudan è lungi dall’essere pacificato, la Somalia è uno dei disastri umanitari più colossali, iniziato ancora prima della guerra fra Hutu e Tutsi, nel 1990. Il Kenya, nonostante sia pacificato da qualche decennio ed abbia degli importanti flussi di turismo provenienti dall’Occidente, non è certo vicino alle performances di buon governo di Kigali. Bisognerebbe poter fare un salto a Kigali per verificare come stanno realmente le cose. In attesa di poterci andare, non ci rimane che sperare che sia tutto vero e che questo possa rappresentare la prima e forse la migliore delle “best practices” africane del nuovo secolo con la speranza che l’auspicato “nuovo inizio” del continente nero possa partire dalla città delle mille colline.
Francesco Della Lunga

Roberto ha detto...

Ovviamente le tensioni ed i contrasti etnici restano, come indicato nel mio precedente commento, ma al momento, sembrano rimanere sullo sfondo della vita politica, sociale ed economica del paese. Il Ruanda è così un paese in via di normalizzazione, forse, più per i canoni africani che per quelli europei, così come per la pulizia e l'organizzazione delle città (sebbene per noi italiani sia difficile, oggi, parlare di alti livelli di pulizia ed organizzazione urbana dinanzi alle condizioni in cui versa Napoli, città europea). Resta però il fatto che, senza alcun dubbio il Ruanda è una bella realtà, un modello per tutto il continente.
RDF