sabato 23 aprile 2011

Cuba: la dittatura dei novantenni

(fonte: Corriere della Sera) a cura di Roberto Di Ferdinando

Nel recente 6° Congresso del Partito Comunista Cubano (PCC), il primo dopo 14 anni, i dirigenti del partito hanno stabilito nuove regole per le cariche elettive statali e del partito stesso, difatti non potranno durare per più di dieci anni. A capo del PCC oggi vi è Raul Castro, fratello di Fidel, che lo sostituisce da tre anni, quando il Leader Maximo si dimise per problemi di salute. Raul ha 80 anni e quindi potrà stare in sella al partito e guidare il paese, dietro le indicazioni del fratello Fidel (84 anni), per ancora dieci anni, cioè quando sarà novantenne; se invece la regola sarà retroattiva, e quindi saranno scalati i tre anni già trascorsi, Raul rimarrà in carica fino a 2018, cioè fino ad 87 anni. Se Raul dovesse dimettersi nei prossimi anni, lo sostituirebbero, salvo indicazioni diverse di Fidel, José Ramòn Machado, 80 anni, Primo vicepresidente del partito e, terzo nella linea di successione, Ramiro Valdés, 79 anni, Secondo Vicepresidente, che rimarrebbero al potere per ulteriori 10 anni, oltrepassando i novant’anni di età. Una dittatura della quarta età. La sensazione, non molto celata è che i protagonisti della rivoluzione cubana non vogliano lasciare la guida (il potere) del paese che hanno creato. Difatti, non esiste una nuova generazione di leader pronta a sostituire i vecchi barbudos, o meglio, non è mai stato consentito che alcuni giovani politici potessero uscire allo scoperto; nel 2009, Carlos Lage e Felipe Pérez Roque, designati quali delfini di Fidel, furono esautorati ed i “vecchi” ripresero la guida del partito e del paese.
Il proseguimento dei lavori del Congresso si è svolto a porte chiuse, i risultati trascurabili: il socialismo a partito unico rimane inamovibile, le aperture all’iniziativa privata minime e poi si è parlato di molta economia, teorica ovviamente.
RDF

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