martedì 4 gennaio 2011

I copti in Egitto

L’attentato alla chiesa copta in Egitto ha riacceso il dibattito sulla condizione, spesso difficile, delle minoranze religiose non musulmane nei paesi arabi e musulmani. La Chiesa copta è una chiesa cristiana miafisita, ed è una delle Chiese orientali antiche, fondata nel I° secolo in Egitto. Il termine copto, deriva dal greco Aiguptos, Egitto, appunto, ed indicava le persone di origini egiziane, ma, dopo la grande conversione di gran parte del popolo egiziano all’Islam, il termine iniziò a essere associato agli egiziani cristiani che non vollero unirsi alla religione musulmana, subendo così discriminazioni e violenze.
Niente di nuovo, quindi, le bombe di oggi.
Tarek Heggy, intellettuale egiziano, nel suo libro “"Le prigioni della mente araba", così, descrive le persecuzioni subite dalle minoranze cristiane in Egitto.
(A cura di Roberto Di Ferdinando)

1 commento:

Roberto ha detto...

[...] Se fossi un copto esprimerei tutta la mia rabbia perché devo pagare tasse usate per costruire decine di moschee quando lo Stato egiziano non ha mai pagato una lira per la costruzione di una sola chiesa a partire dal 1952, con l'unica eccezione di una donazione attuata 40 anni fa dal Presidente Nasser per la costruzione della cattedrale di san Marco nel quartiere di al-Abbasiya.
Se fossi un copto leverei la voce per l'assenza di un solo copto in molti consigli legislativi nell'Egitto contemporaneo.
Se fossi un copto scriverei un articolo dietro l'altro per descrivere il modo in cui i mezzi di informazione ignorano le mie esigenze e le feste religiose come se la popolazione copta in Egitto non esistesse.
Se fossi un copto farei sapere al mondo intero che la storia copta non è debitamente considerata nei curriculum scolastici egiziani e che lo studio della lingua araba a scuola non consiste più nello studio di testi letterari, poesie, romanzi, drammi e racconti brevi, bensì nello studio della sacra scrittura islamica che viene giustamente insegnata nelle classi con studenti musulmani.
Se fossi un copto avrei mobilitato il mondo intero per fare notare le difficoltà che i copti hanno per ottenere il permesso a costruire una chiesa [con i propri fondi non con i proventi delle tasse che loro stessi pagano].
Se fossi un copto porterei all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale i commenti oltraggiosi fatti da alcuni scrittori musulmani sui copti, quali il loro convincimento che i copti non devono assumere il governo pubblico, che devono pagare la jizya, il testatico, e che non devono servire nell'esercito. Tradurrei gli scritti oscurantisti quali il testo assurdo del Dr. Mohamed Emara, finanziato da al-Azhar, il cui finanziamento proviene dalle entrate fiscale, comprese quelle pagate dai copti, che sono vilipesi in libri pubblicati a spese dello stato.
Se fossi un copto avvierei una campagna sia interna sia esterna in cui si chiede l'eliminazione della voce “religione” dalla carta d'identità egiziana. Perché mai una persona che vuole a vere a che fare con me deve sapere la mia religione?
Se fossi un copto avvierei una campagna contro la burocrazia egiziana che ha consentito alla legge dello statuto personale per non musulmani di restare chiusa in un cassette per quasi un quarto di secolo, facendo sì che i copti la chiamino scherzosamente la legge del disastro personale invece di legge dello statuto personale (in arabo statuto si dice ahwal, ma se la lettera h viene pronunciata gutturalmente il significato diventa disastro).
Se fossi un copto farei sapere al mondo intero che la questione copta in Egitto è solo una delle manifestazioni di una forma mentale che è diffusa in questa regione del mondo e chiamerei l'umanità intera a costringerla a ritornare sui propri passi e abbandonare questo cammino oscuro e pericoloso".
Tratto da Tarek Heggy, Le prigioni della mente araba, a cura di Valentina Colombo, Marietti, Milano 2010
Traduzione dall'arabo di Valentina Colombo