martedì 11 gennaio 2011

Autodeterminazioni e secessioni

Paolo Migliavacca, su Il Sole 24 Ore, descrive la sempre più crescente voglia di indipendenza nel mondo. Secessioni non sempre pacifiche.
(fonte: Il Sole 24 Ore), a cura di Roberto Di Ferdinando

1 commento:

Roberto ha detto...

Lo spunto lo dà il referendum in Sudan, dove il Sud vuole separarsi dal governo centrale (scrivo quando non abbiamo ancora il risultato, anche se è prevedibile il successo del voto in favore della secessione), per l’articolo di Paolo Migliavacca che, sulle pagine de Il Sole 24 Ore, fa un’analisi attenta sulle varie e sempre più numerose tendenze indipendentiste che si sono scatenate nel mondo: autodeterminazioni e secessioni. Le prime si riferiscono al diritto fondamentale (disciplinato da quello internazionale) di un popolo a liberarsi da un oppressione, occupazione o controllo straniero; tale principio fu invocato nell’ondata indipendentista della decolonizzazione ed oggi vede pochi casi, le seconde, invece, richiamano la separazione di un territorio da uno stato di cui faceva parte, per costituirsi in entità statale autonoma, separazione promossa dall’attività (politica, ideologica, militare) di un movimento o gruppo. Migliavacca elenca le varie motivazioni in cui abbiamo secessioni: per motivi etnici (i tamil in Sri Lanka per sfuggire alla maggioranza tirannica singalese, oppure in Senegal i Diola della Casamance che si oppongono alla prevalenza degli Wollo, il Kosovo dalla Serbia, la minoranza curda -Kurdistan- in Turchia, il Kashmir desideroso di indipendenza da India e Pakistan, il Tibet – qui è più un autodeterminazione - e lo Xinjiang dalla Cina), religiosi (i Tamil sono induisti, i singalesi buddhisti; i Diola animisti o cristiani, i Wollo musulmani sunniti; nelle Filippine l’isola di Mindanao è in maggioranza musulmana, in un paese in cui il 95% della popolazione è cristiana; in Cecenia, invece, il 95% della popolazione è musulmana e chiede l’indipendenza dal 5% del resto degli abitanti che è russo-ortodosso; in Azerbaigian, il Nagorno-Karabakh è per 3/4 popolato da armeni cristiani che vogliono separarsi dal 23% di azeri musulmani), motivi tribali (in Somaliland), e, prevalentemente, per motivi economici e per il controllo delle risorse naturali (il petrolio nel Sudan del Sud ed in Cabinda in Angola, i fosfati nel Sahara Occidentale, il nickel in Nuova Caledonia, l’oro, il rame e gli idrocarburi dell’Irian Jaya in Nuova Guinea, qui anche la religione determina separazione tra i melanesiani cristiani o animisti contro giavanesi musulmani).
Anche l’Europa vive sul proprio territorio tendenze secessionisti, per ragioni tradizionali, culturali e linguistiche, ma pacifiche (Scozia ed Irlanda del Nord dalla Gran Bretagna, Paesi Baschi e Catalogna dalla Spagna e le Fiandre in Belgio), mentre molto complesso e fuori da qualsiasi teorica classificazione è collocare la condizione dei palestinesi in Medio Oriente.
RDF