domenica 16 gennaio 2011

Etiopia: ci furono violenze anche da parte degli abissini

Un nuovo saggio sulla presenza dell’Italia in Africa, riconosce le numerose atrocità compiute dalle forze armate italiane, ma sottolinea anche la ferocia degli etiopi.
(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

2 commenti:

Roberto ha detto...

Federica Saini Fasanotti è l’autrice del saggio “Etiopia 1936-40. Le operazioni di polizia coloniale nelle fonti dell’esercito italiano” (524 pagg., 25 euro), pubblicato dall’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’esercito, disponibile al pubblico in queste settimane. Saini Fasanotti ricostruisce minuziosamente le violenze commesse dagli italiani in Etiopia, ma, contemporaneamente, denuncia la ferocia degli etiopi, quale l’usanza di mutilare i cadaveri dei nemici e le violenze sui civili, troppo spesso non trattata dalla storiografia. Inoltre, l’autrice evidenzia come il duca Amedeo d’Aosta, che succedette al Vicerè, il generale Rodolfo Graziani, responsabile di massacri spaventosi, tra cui l’eccidio di massa dei monaci copti di Debrà Libanos, volle instaurare un rapporto migliore con la popolazione locale, combattendo i resistenti etiopi in maniera più efficace del suo predecessore, anche se non mancarono, anche con lui, le violenze. Intervistati dal Corriere della Sera, Angelo Del Boca, il più famoso storico del colonialismo italiano, ha dichiarato: “lo ammetto, nelle mie ricostruzioni sulla guerra in Africa orientale mi sono schierato dalla parte degli etiopi. Sono da sempre un nemico del colonialismo e mi sembrava giusto sottolineare soprattutto le nostre responsabilità di paese cosiddetto civile rispetto a popolazioni che avevamo aggredito con estrema violenza.[…]. Senza dubbio con Amedeo d’Aosta la situazione cambiò, ma anche sotto di lui proseguì l’uso dei gas tossici contro gli etiopi”. Mentre Matteo Dominioni, autore del saggio “Lo sfascio dell’impero (Laterza), al Corsera ha rilasciato queste parole: “Sono lieto che l’Ufficio storico dell’esercito abbia prodotto quest’opera, frutto di un profondo scavo archivistico […] Mi pare però un lavoro vecchio, di stile coloniale, che tende a giustificare gli eccessi italiani sulla base dell’arretratezza e dei costumi guerrieri tipici della società aggredita. Noi studiosi del colonialismo non abbiamo mai negato che gli abissini fossero un popolo bellicoso, capace di gesti brutali, né presentato gli insorti come stinchi di santo.[…] Ma quando s’invade un Paese, è logico che ne consegua un conflitto spietato. E nel ricostruire la storia non ci si può basare solo su documenti italiani: bisogna considerare anche il punta di vista dell’altra parte.”
RDF

Francesco Della Lunga ha detto...

In realtà esistono diversi volumi che documentano anche le abitudini dei popoli abissini fra cui quelli citati dall'articolo di Roberto. Ma la retorica del tempo dipingeva gli italiani come un popolo civilizzatore mentre gli abissini erano appunto un popolo inferiore che doveva essere portato, grazie alla presenza degli italiani, nella fattispecie, degli europei in generale nel continente africano, a livello appunto dei nuovi arrivati. Quanto all'idea della barbarie non è molto convincente. I popoli abissini erano certamente usuali compiere violenze sui nemici, e fare in alcuni casi scempio dei cadaveri. Ma, come le cronache del tempo, soprattutto dei primi esploratori ottocenteschi riportarono una volta venuti in contatto con le tribù, tanto per citarne alcune degli Azebò-Galla oppure dei Dàncali, erano tipici del costume guerriero di popolazioni che, secondo molti storiografi, uscivano dal loro Medio Evo. Inutile dire che gli italiani hanno sperimentato strumenti di guerra che poi sarebbero stati abbondantemente usati anche durante il secondo conflitto mondiale, in una sproporzione di tecnologie e di forze impressionante. A questo proposito si può leggere, oltre ai documentati saggi di Del Boca sul colonialismo italiano, anche, sempre di Del Boca, la biografia dell'ultimo imperatore abissino, Hailè Selassiè che combattè contro gli italiani e che fu costretto all'esilio in Gran Bretagna, per poi tornare, da trionfatore nel proprio paese dopo la rotta degli italiani nel 1941. E poi, come si fa a mettere sullo stesso piano gli aggressori con gli aggrediti? Solo una storiografia faziosa può arrivare a tanto. E' giusto ritornare a parlare di fatti che hanno rappresentato un periodo storico importante per il nostro paese, ma sinceramente, parlare delle violenze degli abissini che difendevano il proprio territorio mi pare di assai poca utilità per comprendere un fenomeno storico attualmente poco dibattuto ma ancora affascinante.