sabato 17 settembre 2011

Battisti non poteva che scegliere il Brasile

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

L’assassino, terrorista ed evaso Cesare Battisti, non poteva scegliere miglior luogo, il Brasile, per rifugiarsi. Infatti, l’Alta Corte brasiliana respinse l’estradizione dell’assassino Battisti, motivandola, in soldoni, che egli fu vittima, nelle sentenze della giurisdizione italiana, di un clima di odio politico e di persecuzione.
Ovviamente queste conclusioni della corte brasiliana non sono vere, ma l’assassino Battisti resta libero in Brasile. Quel Brasile dove il 13 agosto scorso è stata uccisa Patricia Acioli, giudice del Tribunale penale di Rio de Janeiro, da anni impegnata nello smascherare i poliziotti corrotti e le squadre della morte (milicias), reparti illegali della polizia che seminano morte e terrore nelle favelas. Dalle indagini sull’omicidio della Acioli è risultato che il commando assassino era composto da 12 membri, che ha utilizzato armi che in Brasile sono in dotazione solo alle forze armate e di polizia, e che ha operato subito dopo che al giudice è stata rimossa la scorta armata, nonostante avesse subito numerose minacce di morte, in particolare dopo aver condannato 4 poliziotti risultati responsabili dell’omicidio su commissione di 11 persone.
In Brasile si aggiunge al problema dei police killings anche quello del record, negativo, delle violazioni dei diritti umani. L’Human Rights Council dell’ONU, Amnesty International, Human Rights Watch e le Pastorali della Conferenza Episcopale brasiliana hanno denunciato l’uso crescente di lavoro in schiavitù, l’aumento di arresti arbitrari e di esecuzioni extragiudiziali. Il fenomeno è sottovalutato, in quanto i mezzi di informazione subiscono una censura forte su questi argomenti, mentre alcuni giornalisti che si occupano di questi casi sono stati anche minacciati di morte o perfino uccisi.
RDF

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