lunedì 14 maggio 2012

Firenze ricorda Amedeo Guillet, eroe italiano in Africa Orientale

A cura di Francesco Della Lunga

“Il 19 gennaio, la 4° e la 5° divisione indiane attraversarono il confine a nord del Nilo Azzurro; […] incontrarono scarsa resistenza, anche se a un certo punto vennero caricate da un ufficiale italiano su un cavallo bianco, alla testa di una banda di cavalieri amhara lanciata alla disperata contro le loro mitragliatrici” – John Keegan, La seconda guerra mondiale.

Si è svolta a Firenze, lo scorso 7 maggio, presso il Cinema Teatro Odeon, la presentazione di un lungometraggio realizzato e curato da Ascanio Guerriero sulla vita avventurosa, pericolosa, in una parola straordinaria di Amedeo Guillet, personaggio ai più sconosciuto ma vera icona di un’Italia, oggi purtroppo assai rara, o almeno così ci pare, che racchiude in sé principi desueti quali l’amor di patria, l’abnegazione, il rispetto per le istituzioni (prima monarchiche, poi repubblicane). Sulla sua vita potrebbe essere realizzato un film epico e questo lungometraggio in qualche modo potrebbe diventare il primo pezzo di un tassello che porterebbe molti di noi a riflettere su un passato neppure troppo lontano.
Se vi chiedete chi fosse Guillet potrete avere risposta leggendo due biografie, una del suo biografo italiano, lo storico Dan Vittorio Segre con il titolo “Le guerre private del tenente Guillet”, l’altra dal suo biografo irlandese, Sebastian O’kelly, “Amedeo”. Quanto visto rappresenta, a nostro avviso, efficacemente il profilo di questo italiano che ebbe modo di coprirsi di gloria fino a divenire il “Lawrence d’Arabia” dell’Africa Orientale Italiana.

Amedeo Guillet nacque nel 1909 da una famiglia di origini aristocratiche piemontesi; il padre era ufficiale nell’esercito regio e fu combattente durante la Grande Guerra. Iniziò presto la sua carriera militare nel reparto di cavalleria di Pinerolo dove ben presto fu notato dai superiori come eccellente cavaliere. Durante il periodo del fascismo Guillet fu mandato in Africa nelle colonie italiane ed ebbe esperienze in Libia ed in Eritrea. Dopo un intervento nella Guerra di Spagna fu nuovamente inviato in Eritrea richiamato dal Duca D’Aosta con il grado di tenente. Guillet divenne poi, a guerra scoppiata, il comandante di un gruppo di truppe indigene che avevano il compito di bloccare l’avanzata degli inglesi a Cheren. Nonostante gli inglesi fossero in sovrannumero e molto meglio armati dei nostri militari, Guillet, al comando delle Bande Amhara a cavallo (contro carri armati!), riuscì a tenere impegnati i sikh per diversi giorni sull’altopiano. Quando l’avanzata inglese non poté più essere fermata e dopo che gli italiani furono dichiarati sconfitti, Guillet ed i suoi non si arresero ma si diedero alla macchia. Profondo conoscitore dei costumi eritrei, riuscì in una incredibile opera di mimetizzazione fino a passare come uno di loro. Ed assieme agli eritrei continuò nel suo tentativo di bloccare gli inglesi intraprendendo azioni di disturbo e vere e proprie imboscate. Gli inglesi si accorsero che alla testa di questi gruppi c’era un italiano ed iniziarono a dargli la caccia. Nel frattempo era divenuto il “comandante diavolo”. Verso la fine del 41 anche questo tentativo di prolungare la guerra dovette cessare. Guillet rimase solo e decise di fuggire verso lo Yemen. Arrivò a Massaua, ma venne rapinato. Tentò di attraversare il deserto, rischiò la morte, ma venne raccolto da un venditore di acqua proprio quando la sua vita era ormai appesa ad un filo. Questi riuscì a farlo imbarcare clandestinamente per lo Yemen che in quel periodo non era ostile agli italiani. Era infatti dallo stato arabico che partivano i piroscafi della Croce Rossa per rimpatriare gli italiani che erano nel frattempo stati cacciati dall’Eritrea. Dopo diverse disavventure il nostro riuscì a salire su uno di questi piroscafi e dopo aver circumnavigato l’Africa fece rientro in Italia. Una volta raggiunto il territorio nazionale si mise a disposizione dell’esercito regio, ma l’Italia era ormai divisa in due (le forze alleate avevano già iniziato la risalita della penisola e la guerra partigiana era in pieno svolgimento); il Re era riparato a Brindisi. Guillet si mise nuovamente a disposizione della monarchia e tornò a combattere, stavolta a fianco degli inglesi. Al termine della guerra, una volta che la monarchia fu sostituita dalla Repubblica, Guillet iniziò la carriera diplomatica che lo portò verso le terre a lui ormai familiari, l’Egitto, l’Eritrea, lo Yemen, l’India. Non solo uomo d’azione, ma anche un diplomatico eccezionale, in grado di migliorare i rapporti con tutti i paesi nei quali avrebbe avuto mandato.
Una volta chiusa la sua carriera diplomatica, Guillet decise di vivere in Irlanda. In questo paese avrebbe avuto numerosi riconoscimenti dai suoi nemici. Il nostro Paese ha iniziato a rendergli omaggio sul finire degli anni Novanta. Amedeo Guillet si è spento all’età di 101 anni nel 2010.

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