martedì 1 marzo 2011

Le particolarità della rivolta in Libia

A cura di Roberto Di Ferdinando

La sanguinosa rivolta in Libia sembra apparire diversa, nelle modalità in cui si sta sviluppando e nell’esito, da quelle delle vicine Tunisia ed Egitto.
Innanzitutto la scarsità di informazioni e notizie dalla Libia. Le rivolte egiziane e tunisine sono state documentate da immagini e resoconti dei telegiornali e quotidiani; seppur con mille difficoltà i cronisti internazionali hanno raccontato le manifestazioni delle popolazioni locali. Manifestazioni che hanno spinto prima Ben Alì e poi Mubarak ad “abdicare”. A Tripoli, invece, Gheddafi resiste, tra mille difficoltà ed ammutinamenti di alcuni suoi fedeli, ma continua a resistere. La percezione è che gli insorti abbiamo raggiunto il loro massimo sforzo, “liberando” alcune città (Misurata, Bengasi, Al Bayda, Derna e Tobruk), ma che non abbiano la forza, in particolare militare, per sferrare l’ultimo assalto a Tripoli e quindi a Gheddafi. Il rais, a sua volta, pur ridimensionato e meno sbruffone, resiste, forte anche di parti consistenti dell’esercito e dei mercenari che gli sono fedeli e che stanno, massicciamente e con violenza brutale, respingendo l’assalto dei ribelli nelle altre zone del paese ancora contese. Sembra quindi essere ad un punto di stallo, di impasse tra i due fronti in conflitto. La partita sembra giocarsi adesso negli ambienti diplomatici. La rivolta di Tunisi, infatti, non aveva scaldato i cuori delle cancellerie occidentali, troppo piccolo il paese per cui preoccuparsene oltre il dovuto. Diversa l’attenzione internazionale rivolta agli avvenimenti egiziani. L’Egitto, infatti, è un paese di oltre 80 milioni di abitanti, con una popolazione, per oltre il 50% al di sotto dei 25 anni, insoddisfatta e delusa, dove il Fratelli Musulmani, l’opposizione integralista messa fuori legge, ha comunque un buon seguito, è un paese che confina con Israele con cui ha comunque firmato e rispettato fino ad oggi un trattato di pace, Il Cairo, inoltre controlla il canale di Suez e le vie delle petroliere. Ma qui a tranquillizzare gli USA è stato il fatto che la guida del paese dei faraoni è stata presa dall’esercito egiziano, un istituzione laica e che deve il suo potere e forza ai miliardi di dollari provenienti dagli Stati Uniti. Diversa quindi la situazione in Libia: qui Gheddafi resiste, avendo un buon esercito per confrontarsi con i ribelli interni, i rischi di infiltrazione di Al Qaeda tra la popolazione è alta, dalle spiagge della Libia, attualmente indifese, partono le ondate migratorie verso le coste europee, mentre per altre vie terrestre migliaia di profughi si stanno dirigendo verso le già martoriate Tunisia ed Egitto; i ribelli controllano alcuni siti petroliferi importanti, ma altrettanti rimangono in mano al governo di Tripoli che Gheddafi potrebbe utilizzare anche come merce di scambio per allentare la pressione internazionale su se stesso, la fornitura di petrolio libico, infatti, potrebbe essere a rischio a breve (l’Italia dipende per buona parte dal petrolio e dal gas libico), ed ancora, la famiglia Gheddafi in questi decenni ha finanziato e fatto investimenti in tutto il mondo e molte economie dipendono da questi soldi, un’altra arma in mano al rais per contrattare la sua posizione con l’Occidente.
Gli Stati Uniti hanno però avvallato la decisione ONU di rinviare a giudizio Gheddafi alla Corte Penale Internazionale, l’amministrazione Obama, inoltre, sta prevedendo piani umanitari armati per fermare l’aviazione libica nei bombardamenti contro i ribelli (verso la Libia si stanno muovendo le portaerei USA dal Mar Rosso mentre si stanno allertando e preparando le basi Nato e statunitensi più vicine alla Libia) e per sostenere con finanziamenti ed aiuti gli insorti, gli inglesi auspicano di poter perfino armare i ribelli, mentre l’UE sta allestendo piani per sanzioni contro la Libia, oltre che per accogliere i profughi. Ma tutto questo attivismo occidentale ha suscitato un certo malumore in alcune capitali non europee. La Russia e Cina, ad esempio, sono pronte a condannare qualsiasi ingerenza occidentale nella questione libica.
Difficile, quindi, senza un gesto di distensione od una fuga di Gheddafi trovare una soluzione pacifica alle vicende libiche. La preoccupazione è quindi che il rais, non solo resisti, ma, viste le notizie frammentate che nelle ultime ore ci stanno giungendo, riconquisti le sue posizioni con sanguinosa violenza e vendetta, ed ristabilisca lo status quo, che potrebbe essere accolto perfino positivamente da alcuni governi e mercati economici da decenni in affari con il terrorista Gheddafi.
RDF

1 commento:

Demian ha detto...

Credo che la differenza sostanziale della sommossa libica, rispetto ai recenti fatti dell'area magrebina, sia che tale avvenimento è in parte sfuggito di mano al piano destabilizzativo dei regimi che si stanno disarcionando in quelle regioni cuscinetto tra occidente ed islam.
E' evidente che la regione libica non era stata preparata a dovere, coltivati adeguatamente i rapporti trasversali con le fazioni antagoniste di Gheddafi, anche per la pressione sempre esercitata da quest'ultimo.
E' ovviamente pensabile che il tutto abbia una "regia" che ha lavorato per stabilizzare gli eserciti e le etnie che poi di fatto hanno armato e sostenuto la protesta della piazza, e l'accensione del popolo libico è stato riconducibile ad una fiamma scappata dall'Egitto.
Ora assisteremmo pian piano a quale sia il reale planing del Magreb, le forse di liberazione si riveleranno nei loro capi ideologici. Speriamo che siano forze moderate e rispettose di quei popoli che hanno bisogno di libertà.
Altrimenti sarà il solito "cambio della guardia" che ritengo fortemente ipotizzabile in tali contesti, dove si lotta per controlli economici e strategici di interesse mondiale.