venerdì 25 marzo 2011

Perplessità sull’attacco alla Libia

Nei miei post precedenti avevo denunciato come la crisi libica fosse scomparsa dall’attenzione internazionale, complice anche il disastro giapponese. Avevo sottolineato come le iniziali proposte, intenti e denuncie dei Grandi del mondo contro il rais Gheddafi, nei giorni successivi allo scoppio della rivolta in Cirenaica, fossero scemate, ridotte, quasi scomparse dalle agende internazionali. Ma all’improvviso, colpo di scena, ecco l’iniziativa francese che anticipa la risoluzione 1973 ONU che autorizza l’uso della forza da parte di un’”Alleanza dei Volenterosi” e quindi operazioni militari contro il regime del Colonnello. Sinceramente non mi aspettavo tale azione di forza, auspicavo una soluzione diplomatica alla crisi libica, una soluzione all’egiziana, ma come avevo precedentemente scritto la situazione libica, e quindi anche la crisi, è diversa da quelle che hanno vissuto e stanno vivendo la Tunisia e l’Egitto e quindi era, ed è, prevedibile che anche l’epilogo fosse, sia, diverso da quelle. Ma questo non mi sottrae dallo scrivere che nel momento in cui ho saputo dell’attacco militare franco-britannico, poi anche USA, alla Libia di Gheddafi, abbia percepito una certa insofferenza. Infatti non ritengo che l’attacco alla Libia sia una cosa giusta. E’ legittimo, in quanto autorizzato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’unico organismo predisposto ad autorizzare l’uso della forza (al di fuori dell’istituto dell’autodifesa) contro un altro paese membro, ma comunque l’ho percepita una forzatura (scusate il gioco di parole). Infatti il regime di Gheddafi è un governo sovrano (una dittatura, sanguinaria e violenta, ma comunque un governo sovrano) che amministra e controlla il proprio territorio e quindi, nonostante tutti i limiti democratici è un governo legittimo. Nelle settimane passate parte della popolazione libica ha manifestato il proprio dissenso al regime ribellandosi, usando la forza. In un paese democratico, dove non vi è possibilità di esercitare i diritti di una opposizione pacifica e democratica è inevitabile (naturale?) ricorrerete alla ribellione violenta, ma allo stesso tempo è legittimo, da parte del governo sovrano sedare con l’uso della polizia e dell’esercito, quindi con la forza, una violenta ribellione. La questione, anche etica, è sapere fino a quanto e quale tipo di forza il governo sovrano possa utilizzare per sedare una rivolta interna. Gheddafi lo aveva superato tale limite per subire la risoluzione dell’ONU?
L’intervento militare da parte dei Volenterosi, mira ad evitare che l’esercito libico ed i mercenari al soldo di Gheddafi usino violenza alla popolazione civile e quindi, in parte, anche ai ribelli (quest’ultimi, difatti fanno parte della popolazione civile), ma la risoluzione non parla di abbattere il regime di Gheddafi: lo stanno bombardando, ma non lo vogliono mandare via, è usata la violenza per fermare la violenza del rais. Queste sembrano contraddizioni.
Quindi, pare che l’intervento ONU abbia un primo scopo: sedare le violenze in Libia, con la forza, ma senza avere un progetto più a lungo termine. E questo è pericoloso, perchè si parla di un post Gheddafi in Libia, quando invece lui è ancora a Tripoli, sempre forte e minaccioso (le violenze contro i ribelli continuano), non solo, il Colonnello sta riuscendo a passare agli occhi del mondo arabo come un resistente al colonizzatore occidentale. Si parla di dividere la Libia (sempre che Gheddafi se ne vada) in due regioni, da una parte la regione di Tripoli, l’altra la Cirenaica, un fanta-progetto, infatti quale autorità esterna potrebbe imporre e far accettare uno smembramento di un paese sovrano come la Libia? Sarebbe un delitto di diritto internazionale.
Ancora una perplessità. Non sappiamo molto dei rivoltosi. Vogliono cambiare il paese, ma come? Che forma di governo vorrebbero istaurare? E’ vero che un regime peggiore di Gheddafi non può esserci e non credo che in Libia possa esserci un pericolo fondamentalista, però la diplomazia internazionale avrebbe dovuto prendere, prima, seri contatti con i rappresentanti dei rivoltosi libici, valutare la loro composizione e le loro intenzioni.
Il dubbio è che quindi i Volenterosi si siano imbarcati, con molta leggerezza e senza un piano, in una questione prettamente interna ad un paese sovrano. Lo stesso impegno lo avremmo dovuto pretendere contro la Cina per come fu sedata la rivolta di Piazza Teinnamen, contro il Sudan per gli eccidi del Darfour; e se un giorno a Cuba l’opposizione si ribellasse con le armi, cosa facciamo, bombardiamo l’Havana?
Infine ancora altre perplessità. L’Occidente ed in particolare l’Europa si stanno muovendo male. La Francia per visibilità del suo premier ed interessi economici (una Libia senza Gheddafi sarebbe più aperta ad intese commerciali con Parigi), tirandosi dietro la Gran Bretagna ha deciso di bombardare senza attendere la risoluzione ONU, gli USA prima hanno appoggiato l’iniziativa, poi però si sono defilati, l’amministrazione Obama che ha vinto le elezioni grazie anche ad un messaggio ed ad una svolta pacifista, si trova impegnata su più fronti militari, e non può accettare un altro conflitto. L’Italia, il paese più esposto per le conseguenze negative di questa crisi (accordi commerciali saltati, immigrazione massiccia, instabilità geopolitica in un paese vicinissimo, utilizzo delle proprie basi militari) ha fatto bene a chiedere fermamente che sia l’autorevole Nato a prendere in mano la gestione delle operazioni, e che vi sia un piano coordinato di impegno, ma anche di uscita, da questa crisi. Inoltre non è possibile condannare la mancata partecipazione all’iniziativa militare di altri stati membri UE, tra tutti la Germania, forse sarebbe stato meglio che la UE avesse parlato con una unica voce, questa è sempre la solita debolezza della politica estera comunitaria, che dimostra così di non esistere ancora, ma è giusto che dinanzi ad iniziative avventate l’Europa comunitaria possa avere dei distinguo importanti.
RDF

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