martedì 30 novembre 2010

La nuova democrazia(?) di Wikileaks

A cura di Roberto Di Ferdinando

1 commento:

Roberto ha detto...

La pubblicazione sul sito Wikileaks (leaks=perdite d’acqua) dei milioni di dispacci secretati dei diplomatici e funzionari statunitensi è la notizia della settimana (ma anche del mese o dell’anno?), visto il risalto euforico da scoop che gli è stato riservato dai media internazionali. Invece, da parte delle istituzioni politiche la pubblicazione ha messo tanta agitazione, preoccupazione, diffidenza, manifestata, però, fino ad oggi, da una surreale calma (la calma prima della tempesta?), come se si stesse valutando l’impatto ed il peso di queste rivelazioni nelle relazioni internazionali. Gli internauti esultano sottolineando come le nuove tecnologie siano uno strumento democratico, che permettono a tutti di accedere alle notizie, anche quelle più segrete. Tutto vero? Personalmente solo in parte. E’ indubbio, che è sempre bene che le notizie circolino, che si possa avere sempre più informazioni per poter così essere in grado di fare delle scelte, ma le pubblicazione di Wikileaks sono, poi, così soprendentemente illuminanti per descriverci la reale situazione delle relazioni ed equilibri internazionali? Dicono verità nascoste ai più? Forse, sempre secondo il mio personale parere, le rivelazioni di questi giorni di Wikileaks non sono poi così devastanti e tali da sconvolgere i sistemi di potere internazionali. Alcuni esempi: gli USA non condividono l’apertura dell’Italia di Berlusconi a Libia e Russia (gli USA da sempre guardano con diffidenza la Libia di Gheddafi e la Russia di Putin), così come guardavano con ostilità l’Italia di Andreotti e Craxi troppo vicina al mondo arabo. Gli USA vedono negativamente la presenza ENI in Russia ed in Iran (gli USA vedono negativamente tutto ciò che può ledere i loro interessi economici, tanto da essere arrivati, nel 2002 – quando Wikileaks non esisteva – a voler far fallire il sistema euro in quanto avrebbe determinato una loro debolezza economica). Tramite Wikileaks veniamo a sapere che esistono informative statunitensi che rilevano che a Berlusconi piace fare tardi in feste ed in dolce compagnia; da due anni in Italia i giornali riportano queste notizie. Gli USA hanno istituzionalizzato un sistema capillare di spionaggio, dove nessuno può sentirsi sicuro di non essere ascoltato. Dov’è la novita? Vi ricordate di Echelon? E poi dopo l’11 settembre tutto controllo sembra normale ed accettato. Ancora, Il fratello del presidente afgano, sarebbe coinvolto in traffici di droga e legato ai talebani, lo sappiano da oltre un anno; il mondo arabo non può vedere Adḥmadinejad e vorrebbe che gli USA o gli Israeliani lo facessero fuori , già noto anche questo. Diffidare della Spagna di Zapatero (gli USA lo fanno palesemente già dal 2004), la famiglia reale britannica è “bizzarra” (il gossip mondiale l’ha definita così già da un decennio), ecc….
Invece, inviterei a soffermarsi su alcuni aspetti di questa vicenda. Esiste un accordo tra Wikileaks e 5 testate internazionali, nel pubblicare in circa 20 giorni i contenuti di miliardi di rapporti. Ma saranno pubblicati, effettivamente, tutti? E chi decide cosa pubblicare oggi e cosa no, con quale ratio si decide cosa oggi sia migliore pubblicare? E che senso ha, da un punto di vista di informazione completa ed obbiettiva, la pubblicazione di stralci di conversazioni o di rapporti secretati, estrapolati cioè da documenti più ampli e che si riferiscono a momenti storici ed a relazioni internazionali lontani e diversi dagli attuali? La sensazione è quello che l’obiettivo di fondo dell’operazione di Wikileaks sia semplicemente fare lo scoop; sicuramente c’è stato, ma noi, oggi, ne sappiamo di più? Abbiamo una visione del mondo diversa da quella che avevamo prima di Wikileaks? Aspettiamo che Wikileaks ci dia anche la risposta a questa domanda.
RDF