venerdì 3 febbraio 2012

Sempre torture in Libia

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando
Un anno fa scoppiavano le rivolte in Libia e poche settimane dopo partiva l’operazione della Nato per tutelare la popolazione civile e i ribelli dalla repressione violenta del regime di Gheddafi. Oggi il rais non esiste più, il suo corpo riposa in un’oasi del deserto, e i leader della rivolta sono divenuti i nuovi governanti della nuova Libia. Ma una pratica orribile sembra non essere cambiata nel paese libico, ed è quella della tortura di Stato. Gheddafi la usava per far parlare o mettere a tacere i suoi avversari interni o nemici, l’attuale governo di transizione la mette in pratica per annientare i seguaci di Gheddafi. La denuncia delle violenze, oggi, contro i prigionieri nelle carceri libiche viene da molte OGM presenti sul territorio. Medici senza frontiere infatti si è rifiutata di continuare il suo servizio nelle prigioni di Misurata dopo che le autorità carcerarie imponevano ai medici di rimettere in sesto e ricucire i prigionieri per poterli seviziare ancora. L’Alto Commissario dell’ONU per i diritti umani, Navi Pillay ha dichiarato che nelle carceri in Libia: “ci sono torture, esecuzioni extragiudiziali, stupri di uomini e donne”. Amnesty International ha visitato le carceri di Tripoli, Misurata e Gheryan, è riuscita a parlare con alcuni detenuti che hanno riferito (si legge dall’articolo del Corriere della Sera): “di essere stati appesi in posizioni contorte, picchiati per ore con fruste, cavi, tubi di plastica, catene, sbarre di ferro, bastoni e di aver subito scariche elettriche”. L’operazione della NATO per “liberare” la Libia, sotto l’egida dell’ONU, fu certamente avviata non perché le vittime di allora diventassero oggi i nuovi aguzzini.
RDF

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