lunedì 12 maggio 2008

Notizie dal Medio Oriente: violenze e tensioni in Libano

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il Medio Oriente è ricaduto nuovamente nella spirale della violenza e delle tensioni; questa volta è il Libano ad esserne colpito. Nei giorni scorsi infatti il gruppo integralista sciita degli Hezbollah (Partito di Dio), ha occupato militarmente alcuni quartieri di Beirut, in particolare quelli dove risiedono le istituzioni della debole democrazia libanese e dove hanno sede i principali partiti politici e le altre fazioni religiose (innanzitutto sunniti e cristiani maroniti). L’atto di forza ha varie e complesse origini. Gli Hezbollah sono un gruppo politico e militare, finanziato e supportato dall’Iran, che mira a realizzare nel paese dei cedri una repubblica islamica, sullo stampo di quella presente a Teheran e che non riconosce Israele, anzi ne auspica la distruzione fisica . Gli Hezbollah trovano nel paese consenso, principalmente nei ceti più poveri della popolazione, grazie anche ad una fitta rete di assistenza e di aiuti, non solo, ricordiamo che in Libano risiedono anche migliaia di rifugiati palestinesi sensibili agli slogan anti-Israele. Ma questo consenso non si è trasformato nelle ultime elezioni in un successo di voti, difatti gli integralisti si sono affermati quali rappresentanti di un 1/5 della popolazione libanese, mentre si sono confermati alla guida del paese i cristiano-maroniti ed i sunniti. Quest’ultimi però hanno comunque tentato di coinvolgere i leader degli Hebzbollah in un governo di unità nazionale, ma le continue pretese ed i veti imposti dal Partito di Dio, e lotte intestine tra le altre fazioni ed all’interno delle stesse, hanno paralizzato la politica del paese. A complicare la situazione di governabilità del Libano vi è da aggiungere che qui sono presenti anche reparti militari ed esponenti dei servizi segreti e politici della vicina e laica Siria, la quale, dalla fine della guerra civile, nel 1990, attua sul Libano una sorta di protettorato. La Siria così, contraria a qualsiasi svolta democratica di Beirut ed ai tentativi libanesi di liberarsi dal giogo siriano, influenza anche con la violenza (i sanguinosi attentati nei confronti dei leader democratici libanese sono stati attribuiti, secondo gli analisti internazionali, ai servizi segreti siriani), l’agenda politica del debole governo libanese. A complicare il panorama occorre inoltre ricordare che Beirut non sembra aver nessun controllo sui propri territori meridionali, quelli al confine con Israele. Qui infatti sono gli Hezbollah ad avere la sovranità, utilizzando queste alture anche per attaccare con missili le colonie israeliane oltre confine. Nel luglio del 2006 un’offensiva di missili sulle città israeliane, le continue penetrazioni nel territorio di Israele ed il sequestro, tuttoggi non concluso, di militari israeliani, operazioni tutte opera degli sciiti libanesi, spinse il governo di Israele a rispondere con la forza. L’esercito israeliano, pur subendo perdite ed incontrando difficoltà nell’avanzata, entrò nel territorio libanese mettendo alle strette gli Hezbollah. Sul finire dell’agosto l’intervento dell’Onu e le proteste e pressioni internazionali, convinsero il governo israeliano di fermare l’offensiva ed accettare il dispiegamento sul territorio di confine di reparti militari stranieri operanti sotto l’egida delle Nazioni Unite. Anche l’Italia inviò i propri militari ed oggi il comando italiano guida questa missione. I militari avrebbero avuto il compito anche di disarmare, in collaborazione con le forze governative libanesi, i ribelli del Partito di Dio. Purtroppo possiamo osservare che la tregua di questi ultimi 18 mesi ha permesso invece agli Hezbollah, che nella controffensiva israeliana avevano subito perdite ingenti, di riorganizzarsi e ritornare forti; la dimostrazione di forza militare manifestata in questi giorni a Beirut conferma tale tesi. Chissà, se nell’agosto 2006 Israele non fosse stato fermato, accusato in quell’occasione di invadere un territorio straniero sovrano (ma Beirut, allora come oggi, su quei territori di confine con Israele non ha nessuna sovranità, infatti il loro controllo continua ad essere in mano alla scellerata fazione degli Hezbollah), ed avesse invece continuato la sua guerra contro i guerriglieri del Partito di Dio, neutralizzandoli e bonificando i territori garantendo la sicurezza per sé e le pacifiche popolazioni e fazioni libanesi, forse, oggi, il Libano avrebbe avuto una preoccupazione in meno. Una buona pace, alle volte si può ottenere solo dopo una dura e sporca guerra.
RDF

Unknown ha detto...

Una buona pace può essere ottenuta a prezzo di una dura e sporca guerra. Ma forse è meglio lasciare queste tristi vicende nella storia del Novecento e cercare di guardare avanti. Sappiamo infatti tutti quanti dove portano le guerre. E soprattutto che cosa generano "il pugno di morti per sedersi al tavolo della trattativa". Sicuramente lontano da quanto pianificato dai gabinetti governativi e dai generali. Le guerre a tavolino sono un fallimento totale, l'ultima prova eccellente è quella irachena dove Bush, dopo essere atterrato trionfalmente in elicottero su una delle sue fortezze acquatiche, dopo pochi mesi dall'aggressione all'Iraq, si è trovato impantanato nell'ennesimo caos diplomatico, politico e militare. Per non parlare delle tragedie del passato, dove i piani militari e politici hanno fallito in Somalia, in Afghanistan, per non tornare indietro al Vietnam ed alle guerre guerreggiate della dottrina del "roll back" di dullesiana memoria. La situazione libanese è figlia dell'irrisolto conflitto israelo palestinese. D'altra parte, che piaccia o no, Israele è l'unico stato occidentale in un oceano arabo. E questo comporterà ancora guerre ed anni difficili, fino a che non sarà possibile favorire la nascita di governi illuminati, sia israeliani che palestinesi. Nel caos globale di questa vicenda, gli stati più forti, come la Siria, cercano di farsi scudo di quelli più deboli, il Libano, per non rimanere schiacciati dalla forza economica dell'Occidente e soprattutto degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Il colonialismo non è affatto terminato. E' morto e sepolto nelle modalità conosciute nello scorso secolo, ma è ancora vivo nella mente di molti diplomatici e di altrettanti governi occidentali, nel silenzio delle rispettive opinioni pubbliche e con buona pace della maggioranza di presunti osservatori neutrali.
FDL