lunedì 9 luglio 2012

Il diplomatico, per niente diplomatico con Hitler

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

In questi giorni, Sergio Romano, rispondendo ad un lettore che ha inviato una  lettera alla sua rubrica quotidiana, Lettere al Corriere, ha approfondito la figura di William Dodd, ambasciatore statunitense a Berlino dal 1933 al 1937 durante la piena ascesa di Hitler alla guida della Germania nazista. Romano, nella sua risposta evidenzia le capacità e l’onesta intellettuale di Dodd, che, come vuole la tradizione diplomatica USA, non apparteneva al Dipartimento di Stato, ma proveniva dal mondo accademico ed era un buon conoscitore del mondo tedesco (aveva discusso una laurea di dottorato a Lipsia nel 1900). Dodd era un intellettuale democratico e sostenitore di Franklin D. Roosvelt, che nel 1932 era stato eletto presidente degli Stati Uniti. In quegli anni Dodd era professore di storia americana all’Università di Chicago, Roosvelt lo sceglie per l’ambasciata di Berlino dopo aver ricevuto alcune rinunce da parte di altre personalità dell’imprenditoria statunitense, ma non fu una scelta di riserva, anzi. Washington aveva posto sotto osservazione la Germania, preoccupata, infatti, che Berlino con la nuova guida di Hilter, non onorasse i debiti che aveva contratto con le banche americane. Dodd prima di partire per la sua nuova missione, ebbe incontri e riunioni con funzionari del Dipartimento di Stato e banchieri proprio sul tema dei debiti, e sul tavolo fu affrontata, solo di sfuggita, anche la questione ebraica in Germania. Il Dipartimento però diede l’impressione di non voler affrontare e tener conto di tale questione, infatti  negli Stati Uniti si riteneva che la comunità ebraica avesse negli USA così come in Europa e in particolare in Germania un’influenza esagerata e quindi l’ascesa di Hitler avrebbe  “ridimensionamento” questa influenza, il Dipartimento era anche convinto che una volta che Hitler avesse conquistato e consolidato il potere tutta la sua aggressione verbale e non si sarebbe affievolita. Dinanzi a questa sottovalutazione del fenomeno Hitler, Dodd, fu il primo ad invitare il Dipartimento a cambiare politica; non solo, il professore diplomatico attaccò pubblicamente il regime di Hitler, e denunciò la sua politica antisemita. Tale condotta non fu ben accolta non solo a Berlino, ma anche a Washington. Nel 1937, Dodd, isolato, decise di dimettersi e rientrò in patria. Da lì a poco le sue denunce fino allora inascoltate e derise furono tragicamente la pura verità.
Come indicato dal lettore del Corriere della Sera, per approfondire la figura di William Dodd si segnaal la lettura di “Il giardino delle bestie”, di Erik Larson (Neri Pozza Editore).
RDF

Nessun commento: