lunedì 5 gennaio 2009

Il dinamismo cinese nel continente africano

I cinesi propongono un pattugliamento con le proprie navi delle coste al largo della Somalia. A cura di Francesco Della Lunga

1 commento:

Unknown ha detto...

La notizia dei pirati somali al largo delle acque del Golfo di Aden non fa più notizia. Ma è interessante notare come le potenze mondiali affrontino il problema, sia da un punto di vista del diritto internazionale che da un punto di vista della politica estera e di potenza. Sul diritto internazionale l’ONU mantiene, almeno formalmente, il dominio della “legittimità dell’azione”. Recentemente numerose unità navali da guerra incrociano le acque al largo della Somalia ma con delle regole di ingaggio che sono inquadrate nell’ambito del Diritto Internazionale comunemente accettato e riconosciuto. Pertanto, in virtù degli accordi esistenti, le azioni che il naviglio internazionale può compiere per bloccare il fenomeno appaiono abbastanza prive di forza. Ma per ora si prosegue così, cercando di controllare un braccio di mare, anzi di oceano, abbastanza esteso, e di garantire la rotta delle navi commerciali che hanno già iniziato a cambiare percorso, scegliendo il più lungo tragitto del Capo di Buona Speranza nel tentativo di minimizzare i danni che si associano al sequestro delle navi.
Più interessante ci pare in questo momento la posizione della Cina. Questa potenza emergente ha assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più forte nell’economia del continente africano, allo scopo di garantire gli approvvigionamenti di materie prime che sono tuttora necessarie per garantire il proprio formidabile sviluppo economico. Si è segnalato che la presenza cinese rimane una presenza discreta, con un profilo politico molto basso che da un lato non interferisce negli affari interni, dall’altro garantisce alla propria economia una forte penetrazione commerciale. Il Corno d’Africa non è sfuggito a questa regola ed i cinesi sono da tempo impegnati nella realizzazione di infrastrutture stradali, di cui questa regione africana è assai povera. Alcuni osservatori come Francesco Sisci, esperto di questioni cinesi ed inviato a Pechino della Stampa, intervistato in questi giorni da Radio Radicale, ha puntualmente messo a fuoco il doppio ruolo giocato da Pechino nelle vicende africane. Da un lato si tratterebbe di un’affermazione della potenza economica cinese ora veicolata anche dalla creazione di un rilevante dispositivo militare. Infatti la Cina starebbe costruendo una portaerea ed avrebbe proposto, in maniera assai timida, per la verità, un pattugliamento delle coste somale, sotto l’ombrello ONU. Si tratterebbe della prima missione in teatri lontani da quelli solitamente sotto l’influsso cinese a dimostrazione della cresciuta potenza economico – militare e dall’ambizione di poter sedere al tavolo delle grandi potenze mondiali fra le quali oggi trovano posto paesi in via di sviluppo che hanno però una forza geopolitica alle spalle rilevante. Fra questi nuovi paesi, un ruolo di primo piano è giocato oggi dalla Russia, rinata dalle ceneri dell’ex Unione Sovietica, il Brasile e l’India. Dall’altro, il tentativo cinese di inviare in missione le proprie navi per contribuire a debellare il fenomeno della pirateria sarebbe invece da attribuire all’importanza che l’economia cinese ha assunto in Africa e sarebbe un tentativo di tutela degli interessi economici cinesi nell’area, messi a repentaglio dallo scorrazzare delle bande dei signori della guerra nell’incontrollato e vasto territorio dell’ex colonia italiana.
Francesco Della Lunga