domenica 19 ottobre 2008

Notizie dal Corno d'Africa: RI intervista il dott. Dembi Dollo

Prosegue l'osservazione di RI sulle vicende del Corno d'Africa. Oggi vi proponiamo un intervista improbabile al dott. Dembi Dollo, nostro corrispondente dalla Somalia.

1 commento:

Unknown ha detto...

Il Dottor Dembi Dollo, nostro corrispondente diretto dalla Somalia, e collaboratore del Prof. Dire Dawa risponde ad alcune domande di Recinto Internazionale sul passato, presente e futuro di un “Failed State”. La presenza italiana nel paese, il suo significato, l’abbandono, le prospettive di rinascita nella prima intervista improbabile rilasciata al nostro blog.

RI: Non si può certo dire che la Somalia faccia di tutto per passare inosservata, anche se a tutti gli effetti rimane uno stato fallito, uno stato di cui la politica internazionale non si occupa più, almeno apparentemente, da molto tempo. La presenza dei pirati nel Golfo di Aden fa però tornare prepotentemente alla ribalta il problema irrisolto della Somalia dilaniata dalla guerra civile. E’ possibile intravedere qualche rimedio?
Dembi Dollo: Ad oggi non mi pare di intravedere dei rimedi. E’ vero che le grandi potenze internazionali hanno da tempo abbandonato il nostro paese. Da noi si svolgono soltanto azioni di retroguardia, finalizzate alla neutralizzazione del terrorismo internazionale che alligna nel nostro territorio. Un territorio difficile, se non impossibile, da controllare, un territorio senza più vie di comunicazione, un territorio ridotto ormai ad un simulacro di quello che era un tempo, con le maggiori città del Benadir e del Giuba totalmente distrutte e prive di futuro. Per quanto riguarda la pirateria poi, la questione può essere risolta solo con l’intervento delle Nazioni Unite.
RI: Possibile che le numerose unità navali che incrociano nel Golfo e che fanno tappa anche a Gibuti non riescano a neutralizzare questo fenomeno?
Dembi Dollo: Il problema è strettamente legato alle norme internazionali che regolano la navigazione ed il fatto che i paesi che hanno inviato le navi sono paesi che hanno uno stato di diritto. Pertanto non possono sovvertire le regole, senza un mandato chiaro da parte dell’ONU. Difficile sostenere che la Somalia minaccia la stabilità e la pace internazionale e richiamarsi al dispositivo sancito dagli articoli 42 e successivi della Carta delle Nazioni Unite. Rimaniamo una regione ultraperiferica nelle priorità dell’agenda internazionale. Poi c’è il problema delle armi. In Somalia purtroppo ne girano moltissime ed è impossibile controllarne il traffico. Purtroppo da noi, i traffici illegali sono esplosi e sono incontrollabili perché il Governo di Transizione non ha né l’autorità per affermarsi, né gli strumenti per poterlo fare. Dove per strumenti si intende necessariamente l’uso della forza.
RI: Il sequestro della nave “Faina” con il suo carico di carri armati, è una clamorosa affermazione dei pirati o un altrettanto clamoroso fallimento del controllo che i paesi occidentali esercitano su questi mari?
Dembi Dollo: Direi entrambe le cose. Non si è ancora capito come abbiano fatto a sequestrare quella nave. Le notizie sono contraddittorie e di difficile controllabilità. Questo significa che le fonti non sono sicure. Comunque questa è l’ulteriore dimostrazione che quei carri armati, destinati al Kenya, ora stanno da qualche parte in Somalia. Poi appare controverso anche il ruolo dell’Eritrea. Qualche giornale occidentale ha sostenuto che il suo presidente, Afewerki, avrebbe cercato di contrattare l’acquisto della “merce” con i pirati, con l’obiettivo di minacciare direttamente le truppe etiopi presenti nel paese, dopo l’invasione della fine del 2007. Anche queste notizie sono comunque difficili da controllare. Per quanto riguarda invece il ruolo dell’Occidente e del braccio armato, alias le navi da guerra che incrociano al largo della costa, appare evidente che si tratti di un fallimento in piena regola. Un po’ di lavoro supplementare per le ambasciate e per i servizi…”
RI: L’Italia, quale vecchia potenza coloniale, sta facendo qualcosa per risolvere la situazione?
Dembi Dollo: Né più né meno quello che stanno facendo le altre potenze. D’altra parte, con la morte della vostra Prima Repubblica e la scomparsa del PSI guidato da Craxi, la politica estera italiana verso la Somalia è definitivamente tramontata. E’ vero che forse il vostro paese non aveva più alcun interesse diretto, però ricordo benissimo che fino al 1990 c’erano ancora molti italiani che vivevano a Mogadiscio e dintorni. Dopo la cacciata di Siad Barre e l’esplosione della guerra civile anche gli italiani se ne sono andati. Molti cittadini stanno rimpiangendo la scomparsa degli italiani, altri non riescono a capire perché se ne siano andati. La verità è, almeno ai miei occhi, che gli italiani hanno definitivamente chiuso un capitolo della loro storia e chi governa oggi non solo non ha interesse a tornare, ma forse non sa neppure per quale ragione storica gli italiani sono arrivati da queste parti. C’è poi tutta la questione del post colonialismo o della decolonizzazione che ancora oggi pesa sulle decisioni delle potenze. Per certi stati africani, l’abbandono diretto del controllo sui paesi un tempo colonizzati, è stato certamente un bene perché gli africani sono stati messi nella condizione di “autodeterminarsi”, anche se questo ha provocato conflitti, morti e distruzioni. Ma sono passaggi ineliminabili. In altri stati, come in Somalia, la decolonizzazione ha coinciso con la crisi ed il fallimento totale della struttura statale lasciata in eredità dalla vecchia potenza coloniale. Non direi che tutte le colpe sono degli italiani. Purtroppo i somali sono oggi incapaci di trovare una soluzione condivisa ai loro immensi problemi.
RI: Secondo lei l’Italia tornerà ad avere un ruolo attivo nella regione?
Dembi Dollo: Come dicevo prima, l’Italia sta provando a non abbandonare totalmente la piazza. Ma la presenza italiana è debole ed è il riflesso della politica estera di un paese che, sia detto con enorme rispetto e senza offesa, ha ancora difficoltà a tracciare una propria linea che gli consenta di individuare e di perseguire gli obiettivi con decisione. E comunque il ritorno degli italiani in queste terre è legato al processo di pacificazione che è ancora lontano da realizzare. Nessuno verrà da noi a ricostruire e ad investire, finchè questa situazione di insicurezza e di caos totale non lascerà spazio alla ricostruzione. Prenda ad esempio il lavoro fatto dalle ONG: gli ultimi sequestri a scopo estorsivo non aiutano certamente gli investitori a lavorare per e nella Somalia.
RI: Il più grande esperto di cose coloniali italiane, Angelo Del Boca, si è spesso interrogato della vicenda italiana nel Corno d’Africa o in Africa più in generale, fino a parlare di una “coscienza coloniale”. Secondo lei esiste ancora un’”Africa nella coscienza degli italiani”?
Dembi Dollo: Direi di no. Quella vicenda storica è definitivamente chiusa e dal 1990. Se gli italiani tornassero da noi potrebbero riconquistare un ruolo importante, ancor più accettato rispetto al passato perché oggi l’Italia è un paese con radici saldamente democratiche. Hanno lasciato tracce importanti da queste parti, e c’è anche chi pensa che potrebbero avere un ruolo fondamentale nella pacificazione e nella ricostruzione. Ma non vedo continuità fra le vecchie generazioni che hanno conosciuto questa terra e quelle che, ipoteticamente, potrebbero tornare.
RI: L’Africa dunque sarà il centro del nuovo sviluppo mondiale nei prossimi decenni?
Dembi Dollo: Probabilmente si. Dopo la stabilizzazione economica che dovrà subire l’Asia, si penserà a tornare in Africa perché la continua ricerca di nuovi mercati da conquistare farà inevitabilmente posare lo sguardo anche verso questo sfortunato continente. Ma non sono sicuro che la Somalia sarà in grado di approfittarne.
A cura di RI - Francesco Della Lunga