martedì 5 giugno 2012

Crisi nuove, parole nuove

(fonte: Corriere della Sera) , a cura di Roberto Di Ferdinando
Spesso per descrivere una situazione nuova o straordinaria, sembra che il vocabolario attuale non basti, o forse non siamo in grado di utilizzarlo. Ecco quindi che siamo pronti a creare, coniare nuove parole, alcune con un accento più ironico, altre più duro, altre ancora più alto (aulico) oppure straniero; uno per ogni occasione. E siccome i soldi fanno girare il mondo (Occidentale), ecco che la maggiore creatività semantica si registra in questo ambito.
Ad esempio, per sottolineare la guida tedesco-francese dell’UE era stata coniata la parola, un po’ ironica, Merkozy, nata dalla fusione dei cognomi dei leader dei due paesi, Merkel e Sarkozy. Con la Cancelliera citata per prima, non per cortesia, ma perché all’interno di questa alleanza era la Merkel (la Germania) la più forte economicamente. Oggi, caduto Sarkozy, venuta meno questa alleanza, con una Francia, guidata da Hollande, scettico verso il rigore di Berlino, ecco venire meno anche l’uso della parola Merkozy. Ma si fanno avanti altre nuove parole, sempre a descrivere la particolarità di questa crisi economica (solo economica, oppure totale?), tra le ultime coniate, cito l’espressione “Grexit” (Greece+exit), cioè un neologismo per descrivere, con poche lettere, il rischio di uscita dall’euro della Grecia, e Spanic (Spain+panic), per rappresentare il panico spagnolo per la crisi bancaria.
RDF

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