mercoledì 30 giugno 2010

Notizie da Johannesburg: mondiali di calcio e parallelismi geopolitici.

E’ molto in voga, in questo momento, accostare le potenze calcistiche alle potenze economiche e politiche che stanno ridefinendo il loro ruolo mondiale. Un tentativo che possiamo certamente azzardare anche noi, visti i temi che ci piace trattare. A cura di Francesco Della Lunga

2 commenti:

Francesco Della Lunga ha detto...

In realtà queste notizie non arrivano direttamente da Johannesburg perché chi scrive è comodamente davanti alla televisione, intento ad osservare la performance degli azzurri contro la Slovacchia. Vorremmo azzardare un parallelismo, forse un po’ improbabile, fra il gioco calcistico espresso dalle grandi nazionali fino ad oggi (siamo quasi al termine del girone eliminatorio, porta di ingresso agli ottavi di finale) e la situazione economica e, più in generale, il ruolo di questi stati oggi, nell’ambito internazionale. Il gioco espresso dalle nobili del calcio (Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, solamente per citare le potenze europee vecchie e nuove, fra cui indichiamo certamente la Spagna) pare rispecchiare il momento storico che accomuna questi paesi, caratterizzato generalmente da deflazione, previsioni di crescita al ribasso, perdita di ricchezza, impoverimento generale della popolazione, senso di sfiducia, difficoltà di inquadrare un percorso futuro che dia nuovamente speranze ed aspirazioni alle popolazioni. Il quadro pare rispecchiare anche le leadership che, nella generalità dei casi, appaiono consumate, vecchie (tranne qualche eccezione perché in Spagna ed in Gran Bretagna i leader che guidano questi paesi, per la loro età, appaiono almeno in grado di intercettare le aspirazioni e le volontà del ceto che esprime il maggiore potenziale, ovvero i quaranta-cinquantenni), in molti casi lambite da scandali e da fenomeni di corruzione che paiono tipici di stati in fase di consunzione naturale. L’Italia è arrivata a questo appuntamento in maniera paradossale: da un lato i cittadini paiono essersi riavvicinati alla nazionale, come dimostrato dal famigerato “share” che avrebbe attestato una media di spettatori, per le prime due partite, di circa 15 milioni di telespettatori, dall’altro, alle aspirazioni degli italiani che forse, in questo momento così privo di felicità vedono nel calcio l’unica evasione, sembra vedere una nazionale che esprime un gioco asfittico, incapace di generare pericolosità agli, un gioco quasi ripiegato su se stesso, come del resto il paese, che in questo senso pare aver trasmesso alla nazionale il sentimento generale che sembra attanagliare la popolazione. (segue commento successivo)

Francesco Della Lunga ha detto...

Ma le altre grandi non sono da meno: la stessa Spagna, nazionale che ha vinto l’ultimo europeo esprimendo un gioco spumeggiante, ha avuto grandi difficoltà in questo inizio, come se la situazione economica spagnola, caratterizzata da pessimi indicatori economici, elevata disoccupazione, crescita strozzata, avesse trasmesso la malattia dello sconforto e dell’afflizione alla nazionale di calcio. Stessa sorte per gli inglesi, che sono, da almeno cinquant’anni alla ricerca del recupero delle antiche glorie imperiali, senza peraltro riuscirci. Che dire della grandeur francese e del diesel tedesco che, al di là dell’impossibile fantasia continua imperterrito ad andare avanti, a dispetto di tutto e di tutti ed a orientare le scelte economiche continentali? Anche la Germania pare essere preda delle incertezze tipiche di questa fase storica particolarmente complessa, dove tutte le vecchie potenze continentali stanno cercando di ritrovare un percorso (che potrebbe, ci auguriamo, coincidere anche con il deciso rafforzamento comunitario, peraltro oggi assai improbabile nel caos delle lingue e delle istanze che provengono dai paesi unionisti, soprattutto quelli di recente ingresso, oltre alla crisi scatenata dalla Grecia), dove gli USA stanno decisamente rivedendo il loro ruolo nel mondo, dove la Cina è ancora lontana da proporsi come potenza calcistica ma è assai vicina nell’affermare il dominio economico sul mondo, dove il Sudamerica appare assai lontano dalle vicende mondiali ed in palla invece da un punto di vista calcistico e dove l’Africa, a parte l’effimero palcoscenico che le è stato offerto, soffre ancora di deficit politici ed economici colmabili solo nei prossimi cinquant’anni. Insomma, un mondiale in chiaroscuro che sembra rispecchiare l’incertezza, con bassa qualità tecnica espressa, poca velocità, scarse idee, la stanca propensione a “passeggiare”, in attesa che altri possano prendere il sopravvento e guidare le sorti del mondo. Francesco Della Lunga