domenica 24 maggio 2009

Notizie dall’Oceania: l’Australia si arma

Il governo australiano prevede entro 20 anni lo scoppio di un conflitto bellico nell’Oceano Pacifico (scatenato dalla Cina?)ed ha quindi avviato un piano di riarmo da 70 miliardi di dollari. (Fonte: Il Sole 24 Ore).
A cura di Roberto Di Ferdinando

2 commenti:

Roberto ha detto...

Nelle settimane scorse il governo australiano ha pubblicato un Libro Bianco sulla difesa nazionale, nel quale si legge che non è da escludere, entro venti anni, che il paese sia coinvolto in un conflitto militare nell’Oceano Pacifico. Sebbene nella pubblicazione ufficiale australiana non sia indicato nessun soggetto specifico da cui l’Australia dovrebbe sentirsi direttamente minacciata, gli analisti considerano che il Piano difensivo da 70 miliardi di dollari, sia nato per prepararsi ad ogni evenienza, in particolare in una regione che vede un aumento dell’attivismo militare cinese. Il premier australiano, Kevin Ruud, ha spiegato che lo stanziamento porterà all’acquisto di missili a lunga gittata, a raddoppiare la flotta di sottomarini, divenendo così 12, ed ad acquistare circa cento caccia F-35 ed otto nuove navi da guerra. L’Australia quindi percepisce la Cina come una minaccia nel Nuovo Continente, ovviamente il Piano australiano sembrerà essere poca cosa contro la super potenza cinese, che ha un esercito di 2,3 milioni di soldati e che nel 2009 destinerà al riammodernamento militare 56 miliardi di euro (il 6,3% del bilancio statale).
Roberto Di Ferdinando

Francesco ha detto...

La notizia del "riarmo" se così può essere definito, considerati i numeri segnalati, dell'Australia, conferma ancora una volta la strada intrapresa dalla Cina negli ultimi trent'anni, un cammino che è iniziato con Deng Xiao Ping e che sta proseguendo adesso senza interruzioni (pochi punti di PIL persi l'anno scorso e l'attuale recessione mondiale non ci paiono sufficienti per poter parlare di un ripiego) verso l'affermazione di una potenza indiscutibile tale da mettersi in confronto direttamente con gli Stati Uniti. Se potessimo stilare una classifica attuale delle potenze, mi verrebbe da dire che gli Stati Uniti sono al reflusso, con l'amministrazione Obama che guarda, dopo molti anni, al proprio interno ed al proprio "giardino di casa" (si legga Cuba e l'America Meridionale), con il disimpegno in Iraq, con una presenza in Afghanistan da rivedere, con una presenza in Europa sempre più evanescente anche se ancora importante. La Russia da anni sta guardando al proprio interno e si sta ricostituendo, spazzando via le resistenze delle regioni satelliti (la Georgia è l'ultimo esempio) in attesa di riprendere il proprio dominio su una parte dell'Europa. Nel Medio Oriente, Israele cerca in qualche modo di arrivare ad un accordo con i Palestinesi senza compromettere la propria supremazia, mentre l'Iran si pone come potenza regionale capace di mettere sotto scacco l'Occidente. In Oriente, e così torniamo da dove abbiamo iniziato, la Cina è ormai debordante e la sua fame di risorse primarie gli ha permesso addirittura di emulare le vecchie potenze europee, colonizzando economicamente il continente nero. Il Giappone appare poco presente sulla stampa internazionale ed incapace di impensierire i cinesi. C'è ancora l'India, un paese attraversato da luci ed ombre, comunque una democrazia che pare essersi affermata, come le ultime e recentissime elezioni con la vittoria del partito di Sonia Gandhi hanno confermato. Ma il quadro è instabile, in continuo movimento, soprattutto in oceania, i cui movimenti, seppure di difficile comprensione per noi, così lontani da quel teatro (a parte gli specialisti), sono i prodromi di una ripresa militare dettata dall'esagerata presenza e potenza cinese. Se gli Stati Uniti, come già avevamo commentato su queste colonne, dovessero continuare nella politica di distensione intrapresa, non c'è dubbio che le singole potenze tornerebbero a far sentire la propria voce. Credo che il quadro geopolitico mondiale possa andare incontro ad interessanti vicende, con un dinamismo che ricorda, per certi aspetti, a quello di fine ottocento. BIsognerà vedere se le democrazie mature saranno capaci di annullare le spinte che avvengono da altre potenze regionali verso la supremazia culturale, politica, economica e più pericolosamente militare. Ma oggi le democrazie, vuoi anche per la recessione economica, non se la passano molto bene. Soprattutto in Europa. Quest'ultima continua ad essere, come istituzione, la grande assente ed incapace di prendere iniziative di rilievo. L'Unione Europea non ha la forza politica di una grande potenza ma risente inevitabilmente, per la propria costruzione istituzionale, degli strappi e delle tensioni che si generano all'interno delle singole nazioni. Se Obama prosegue verso il disimpegno e l'Europa, invece di sostituire di nuovo gli Usa nella guida degli equilibri globali si dissolvesse, potremmo assistere, nei prossimi trent'anni a scenari difficilmente immaginabili.
Francesco Della Lunga