mercoledì 17 giugno 2009

Gheddafi, il colonizzatore dei suoi ex colonizzatori

Nella recente visita di Gheddafi in Italia, tra sorprese, maleducazione, cattivo gusto, politica internazionale (poca), affari (molti) e gossip, il leader libico è riuscito a vendicarsi di molti anni di rapporti tesi con l’Italia ridicolizzando il Bel Paese.
A cura di Roberto Di Ferdinando

5 commenti:

Roberto ha detto...

Chissà da quanto tempo Gheddafi pensava, studiava, programmava, desiderava riuscire, e bene, nel ridicolizzare l’Italia come vi è riuscito nella recente visita nel nostro paese. Infatti il leader rivoluzionario libico (Gheddafi non ricopre nessuna carica istituzionale in Libia, ma è una guida politica che nel suo paese comanda tutto e può tutto), nei quattro giorni di visita a Roma si è permesso di comportarsi come gli pareva, senza alcun rispetto per chi l’ospitava, semplicemente in quanto può disporre di ingenti risorse economiche ed energetiche indispensabili per la finanza e l’industria italiana.
La scenetta di Gheddafi che scendeva le scalette del suo aereo, con spillato sul petto la foto di Omar al-Mukhtar, il leader della resistenza libica che fu ucciso, negli anni trenta, dal regime fascista colonizzatore della Libia, ed assieme all’ottantenne nipote di questo eroe libico, ed ad accoglierlo un eccessivamente ossequioso Berlusconi, avrebbe dovuto già far immaginare quanto imbarazzante per gli italiani sarebbe stato il soggiorno italiano di Gheddafi.
In un altro paese, dinanzi a tale provocazione, Gheddafi sarebbe stato invitato a rientrare velocemente sul proprio aereo e quindi nella sua tenda nel deserto, oppure una diplomazia efficace avrebbe “istruito” il leader ospite ad evitare particolari sceneggiate. In Italia invece lo abbiamo accolto a braccia aperte, c’è anche chi ha sorriso alle scenette libiche. Gli abbiamo concesso di parlare al Senato (grave errore), per poi negaglielo (errore peggiore), per poi fargli fare una conferenza stampa in cui lui, ex (?) terrorista, paragonava le azioni degli Stati Uniti a quelle di Osama Bin Laden e di Al-Qaeda. Dinanzi a queste farneticanti considerazioni pochissime e non ufficiali sono state le proteste. Ha parlato accanto al Presidente della Repubblica, Napolitano, che è apparso alle volte in imbarazzo, ma non in misura tale da affermare, in sintonia con il Colonnello Gheddafi, che finalmente i nostri due paesi sono amici e che l’Italia si scusa (ancora!!!) della sua sanguinosa colonizzazione della Libia (siamo il primo paese Occidentale a scusarsi per una dominazione conclusasi ottant’anni fa, di cui era responsabile un governo ed un’Italia che non esistono più da altrettanti anni). Ha fatto attendere in vano per due ore i parlamentari italiani per un incontro solenne ed ufficiale, per poi non presentarsi, senza recare alcuna scusa. Strano che il Presiedente della Camera, Fini, si sia scandalizzato della condotta di Gheddafi, infatti il Colonnello è un dittatore e pertanto non ha e non può avere alcuno rispetto per le istituzioni ed i simboli democratici.
Gheddafi ha incontrato numerose donne della società politica e civile italiana, durante tale incontro ha ribadito che esiste pari dignità e diritti tra uomo e donna. Accidenti che pensiero illuminato e progressista. Adesso che lo ha detto lui (famoso per le numerose amanti che avuto) siamo tutti un po’ più rassicurati.
La condotta di Gheddafi è stata così talmente sprezzante e poco attenta all’etichetta diplomatica che potremmo dire studiata volutamente per mettere in difficoltà un paese ex nemico, per dimostrare che la Libia può oggi, in Italia, comportarsi da superbo colonizzatore, perché grazie ai soldi libici alcuni istituti bancari e numerose imprese italiani (non ci siamo fatti mancare nemmeno l’incontro tra Gheddafi e gli industriali, con conseguente accordo di commesse) possono affrontare la crisi con meno paure, perché grazie alle vicine risorse naturali libiche (petrolio e gas) l’Italia ha garantito un indispensabile approvvigionamento energetico indispensabili per la sua ripresa economica. Se tutto questo ha comportato farsi prendere un po’ in giro da un dittatore nord-africano, allora va bene, dopotutto nella nostra storia siamo stati spesso dominati, uno un più o in meno, non cambia niente, peccato che però mai nessuno si è scusato con noi per le dominazioni militari od economiche.
RDF

Francesco ha detto...

In attesa di inserire il mio commento, segnalo un bel libro scritto qualche anno fa dal massimo esperto del colonialismo italiano, Angelo Del Boca. Il libro si chiama "Gheddafi, una sfida dal deserto", ed è edito da Laterza, Bari. Credo che sia l'unica biografia curata con una certa sapienza esistente nel nostro paese sull'ineffabile colonnello. In questo libro, è possibile farsi un'idea del personaggio e trovare alcune chiavi di lettura sul modo di essere, di pensare, di agire, del poliedrico "colonnello" Gheddafi. L'ideologia del colonnello è ben approfondita in uno dei capitoli, il rapporto con l'Italia e quello con gli Stati Uniti vengono altrettanto approfonditi. La politica estera del colonnello, ondeggiante fra il richiamo al panarabismo di nasseriana memoria, all'unità africana è anch'essa richiamata. Il libro, seppur datato, risale infatti al 2001 e non può pertanto prendere posizione su quanto accaduto negli ultimi 8 anni e soprattutto sulle scelte del colonnello in base alle quali è stato "sdoganato" dalla comunità internazionale, contiene una suggestiva visione dell'autore. Spero di poterlo commentare con voi presto, su queste colonne.
Francesco

Francesco ha detto...

L’arrivo di Gheddafi in Italia, a suggello della riconciliazione fra il nostro paese e l’ex colonia Libia, è stato connotato da numerosi fuori programma e, quanto meno, da singolari prese di posizione da parte del Colonnello. Nonostante fossero in parte prevedibili, non ci si aspettava una totale sudditanza come quella dimostrata dalle istituzioni della Repubblica verso il sempre più “caro” amico di Tripoli. Dopo tre giornate di piroette Fini è stato costretto ad annullare un incontro alla Camera, dopo che i parlamentari erano stati obbligati a fare “anticamera” a casa loro per ben due ore. Altrettanto singolare è stato l’incidente che ha visto Gheddafi prima accreditato a parlare davanti all’assemblea di Palazzo Madama, poi, grazie alle proteste del centro sinistra e dei radicali e di altri partiti di opposizione, dirottato in un’aula meno impegnativa. Gheddafi ha subito fatto capire che cosa intendeva dire agli italiani, mostrando una foto al petto dell’eroe libico Al Muktar, vittima della colonizzazione fascista. Una foto quanto meno assai poco diplomatica. Ma il discorso fatto al Senato, di cui tutti hanno tessuto le lodi (sorprendentemente l’ex Ministro Dini e meno sorprendentemente il senatore Andreotti) è sembrato effettivamente eccessivo nei toni e nella forma, verso un paese con il quale è stato sottoscritto un trattato di amicizia totalmente sbilanciato a favore dei libici. Non si ricorda un atteggiamento altrettanto altezzoso da un vecchio monarca, Hailè Selassiè, al tempo della sua visita a Roma, avvenuta nel lontano 1970. Ma evidentemente, i trattati con l’area africana non ci portano molto bene. Si torni ad esempio a rileggere il mitico trattato di Uccialli…. Ma rimaniamo brevemente al discorso ai senatori. Il Colonnello, il cui discorso in diretta era trasmesso da Radio Radicale, ha iniziato ripercorrendo in maniera ridondante (ma magari c’erano problemi di traduzione) tutti i crimini commessi dal colonialismo italiano durante il periodo fascista. Anche in questa occasione, esibiva l’immagine di Al Muktar appuntata sul petto. Non si vuole qua contestare la figura di Al Muktar: egli è stato un patriota libico che ha realmente lottato per l’indipendenza del suo paese e comunque per l’autodeterminazione del popolo libico, in un periodo in cui il colonialismo italiano si è macchiato di crimini efferati. Il più grande storico del colonialismo italiano, Angelo Del Boca, nella sua monumentale opera sul colonialismo, ha portato alla luce numerosi fatti di sangue di cui gli italiani si resero responsabili in quel periodo, prima con i governi post giolittiani e soprattutto con il regime fascista, da tempo rimossi o quasi scomparsi dal dibattito politico (la guerra in abissinia con il gas, il campo di concentramento di Danane in Somalia ed altri fatti non meno violenti e deprecabili). Del Boca ha chiaramente ricordato a tutti che il fenomeno coloniale era connotato da violenza e la nostra condotta non era molto diversa da quella di inglesi e francesi. In definitiva, il mito degli “italiani brava gente” sarebbe crollato miseramente se ci fosse stato un dibattito più serio nel paese che non fosse stato confinato in qualche aula accademica. Ma qui ci preme soffermarci un po’ sugli aspetti diplomatici. Il discorso del colonnello in certi momenti ha lasciato addirittura pensare che la tanto dichiarata amicizia non fosse poi tale: Gheddafi finge infatti di dimenticare che sono pochi ormai gli italiani che ricordano quel passato e che soprattutto, dopo più di sessant’anni, anche per una rimozione voluta dai governi della prima repubblica quel periodo è morto e sepolto da qualche decennio. Ancora più importante, il leader libico finge di non ricordare che gli italiani di oggi sono i figli o in maggior parte nipoti di coloro che hanno fatto la Repubblica Italiana, nata dall’antifascismo, che ha generato una costituzione garantista per tutti i cittadini ed aperta al dialogo con gli altri paesi. (segue prossimo commento)

Francesco ha detto...

(segue da commento precedente)
In ogni caso gli eventi della seconda guerra mondiale hanno rappresentato una cesura profonda e dolorosa su cui ancora oggi si dibatte a dimostrazione che la sconfitta del paese è stata un evento profondo e doloroso per tutto il popolo italiano. Da tutto questo è nato il rifiuto per le dittature, del colonialismo e la decisa e convinta spinta verso l’affermazione della democrazia. Concetti questi che, nonostante il recente riavvicinamento della Libia alla comunità internazionale appaiono ancora lontani anni luce dal contesto politico e sociale di quel paese incarnato in prima persona dal suo leader. In definitiva, gli italiani di oggi sono alieni dalle ragioni che portarono i politici (la colonizzazione della Libia iniziò nel 1911 sotto il governo Giolitti che preparò con un’abile costruzione diplomatica durata circa dieci anni il conflitto contro la Sublime Porta) ad invadere la Libia. Con questo ci è parso che il Colonnello Gheddafi fosse in cerca di rivincite fuori dal tempo e che cercasse un pretesto per provocare chissà quale reazione nell’opinione pubblica italiana a dire il vero assai appisolata. Ci è parso anche che il Colonnello, abile e fine stratega, abbia trovato il momento giusto per rafforzare la sua figura ed il suo carisma di statista/dittatore, approfittando di una classe politica, quella che attualmente ci governa, in grave difetto di conoscenza storica. Ci è sembrato che il Colonnello potesse imperversare impunemente senza che nessuno avesse il coraggio di ricordargli chi è e che cosa ha fatto negli ultimi 35 anni nel suo paese e negli altri paesi dell’area sub sahariana. E’ certamente vero, in nome della realpolitik che un paese come il nostro abbia necessità ed anche vantaggi nell’intrattenere rapporti con un paese confinante (il mare ormai non rappresenta più una barriera, soprattutto un mare così piccolo come il Mediterraneo). Ma Muhammar Al Gheddafi è un leader molto particolare. E del quale difficilmente si può dire che sia dotato di affidabilità. Soprattutto, con le sue improbabili dichiarazioni, Gheddafi è apparso curiosamente come un nuovo leader africano, dotato di lungimiranza e di apertura verso l’occidente. La più eclatante affermazione è stata sulla condizione femminile nel suo paese e nel mondo islamico. Ha strappato gli applausi delle imprenditrici, ma nessuno si è sognato di ricorda a Gheddafi che nel suo paese quella condizione non pare molto diversa da quanto ha dichiarato. E nessuno gli ha chiesto cosa facesse per migliorare la situazione. Come se nulla fosse. Ma non possiamo dimenticare totalmente chi è il Colonnello. E’ difficile prendere lezioni di democrazia quando ricorda a tutti i crimini, veri e giusti, fatti dagli italiani ma quando egli, allo stesso tempo, è ancora considerato il mandante di un attentato che è costato la vita ad oltre duecento persone nei cieli scozzesi. Ed anche quando accosta la democrazia americana (criticabilissima, anche da parte di chi scrive) a Bin Laden per i bombardamenti nel golfo della Sirte e su Tripoli a metà anni Ottanta. Non si capisce bene da dove arrivi tutta questa sintonia che il governo di centro destra pare aver stabilito con l’Uomo di Tripoli. La politica estera italiana a partire dai governi di centro sinistra di Prodi, seconda metà degli anni Novanta, ha iniziato a tessere una fitta rete diplomatica per togliere Gheddafi dall’isolamento e dalle sanzioni economiche varate dall’ONU su pressioni statunitensi. E’ stata certamente un’abile politica diplomatica che, da un lato ha tolto Gheddafi dall’isolamento internazionale, dall’altro ha avuto il merito di allontanarlo dalla protezione al terrorismo. (segue commento successivo)

Francesco ha detto...

Oggi si tende a difenderlo per evitare che il fondamentalismo islamico (in fondo il regime di Gheddafi rimane pur sempre un regime laico) attecchisca anche in Libia, dopo che questi è stato battuto solo con la forza militare in Algeria, forza che per dieci anni non ha evitato un bagno di sangue fra i cittadini algerini. Oggi molti sostengono che se le sponde mediterranee non sono diventate una polveriera fondamentalista lo si deve anche a Gheddafi. Ma dall’abbracciare la realpolitik a farne un personaggio degno di tutti gli onori ce ne corre. Spiace anche constatare la debolezza delle voci da parte del centro sinistra al cui interno, solo una parte un po’ più coraggiosa, ha denunciato i fatti ed i misfatti del Colonnello e della sua Rivoluzione Verde. La sinistra avrebbe ancora le carte in regola per poter bacchettare il variopinto uomo di Tripoli, ma per questioni di opportunità non ha fatto levare una sola voce contro le improbabili affermazioni al Senato del Colonnello che in un qualsiasi altro paese occidentale difficilmente sarebbero passate. Per non parlare dei nostri industriali, accorsi in massa con il piattino davanti alla tenda dell’Ineffabile. Insomma, collaborativi ed opportunisti si, umiliati nelle mura di casa è difficile da sopportare anche da chi, come il sottoscritto, ha sempre visto nel dialogo con l’altra sponda del Mediterraneo un metodo intelligente per rimarcare la propria indipendenza in politica internazionale, al di là di ogni ragionevole dovere di appartenenza al blocco occidentale.
Francesco Della Lunga