mercoledì 19 novembre 2008

Politica estera italiana: neo equidistanza o semplice opportunismo

a cura di Roberto Di Ferdinando

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Nelle settimane scorse l’infelice “carineria” di Berlusconi verso il Presidente eletto Usa, Obama, ha fatto, giustamente, parlare molto la stampa nazionale ed internazionale, oltre ad aver interessato analisti ed opinione pubblica. Purtroppo la stessa attenzione non è stata rivolta dagli stessi osservatori nei confronti di due dichiarazioni, strettamente di politica estera, rilasciate dal premier italiano. Infatti, al margine di due distinti incontri internazionali Berlusconi ha dichiarato: 1) che si deve giustificare l’attivismo internazionale e militare della nuova Russia, in quanto negli ultimi anni Mosca si è sentita minacciata dall’azione aggressiva (leggi scudo spaziale) degli Stati Uniti; 2) Berlusconi ha auspicato un rapido ingresso della Turchia nella Comunità Europea. Queste due dichiarazioni in Italia sono passate quasi inosservate, l’opposizione non ha chiamato il Premier ad un chiarimento in politica estera (dopotutto siamo alleati degli USA nella NATO), non solo, le uniche critiche che Berlusconi ha ricevuto sono giunte da alcuni esponenti della propria maggioranza. Esponenti dell’area liberal hanno difatti ricordato a Berlusconi che la stretta e fedele amicizia all’alleato di sempre, gli USA, non dovrà mai essere messa in discussione, mentre gli esponenti della Lega hanno apertamente espresso al Premier la propria contrarietà nell’aprire l’Europa comunitaria alla Turchia laica, ma musulmana.
Ovviamente è innegabile che Berlusconi non pensa, nel venire incontro a Mosca, di mettere in dubbio l’alleanza NATO, però, come avevamo anticipato proprio su queste pagine, i temi dei rapporti con Russia e con la Turchia, per la politica estera berlusconiana, potrebbero essere causa di fraintendimenti e problematiche, forse più interne che estere, anche gravi.
Berlusconi ha colto il momento del passaggio di consegne del potere a Washington (l’amico Bush va via e subentra il democratico Obama), per aprire alla Russia. C’è chi ha parlato di una nuova politica estera italiana di neo-equidistanza, di neo-pendolarismo, termini da Prima Repubblica, forse troppo impegnativi ed alti per la moderna politica italiana (che essa sia di centro-destra o centro-sinistra). Infatti la mia personale sensazione è che ancora una volta, come da sempre, la politica estera italiana sia condotta da un certo opportunismo. Berlusconi, come avevano fatto i governi precedenti, si è reso conto dell’importanza che la Russia potrebbe avere per l’Italia: è un ampio mercato per i prodotti italiani, è un nuovo paese per la delocalizzazione per le imprese italiane, inoltre è un grandissimo serbatoio di energia. Accordi energetici con la Russia permetterebbero, finalmente, aggiungo io, di divenire meno dipendenti dal petrolio e gas mediorientale e nord africano, aree troppo instabili per cui fidarsi. Le stesse caratteristiche ha la Turchia, che non potrà garantirci forniture energetiche come quelle russe, ma è comunque un importante snodo per il trasporto di queste. Berlusconi, imprenditore-politico, quindi chiuderà un occhio sulle garanzie democratiche di questi nuovi partner per strappare vantaggiosi accordi commerciali, che i settori industriali italiani dopotutto gli chiedono di firmare. Berlusconi proseguirà quindi la politica opportunista dei precedenti governi italiani, anche di quelli della Prima Repubblica che difatti non disdegnavano di stipulare accordi commerciali con paesi terroristi e con sanguinari dittatori, pur sempre dichiarandosi fedelissimi alleati agli USA.
RDF

Anonimo ha detto...

Ma la politica estera è da sempre il luogo dove le potenze meno forti cercano sponde per approdare verso posizioni che, da un punto di vista interno, possono trasformarsi poi in voti, quando si è vicini alle elezioni, oppure garantire l'appoggio dell'establishment economico. Quello che stupisce di Berlusconi, a mio avviso, non è tanto la vicinanza alla Russia di Putin a dispetto dell'amico Bush che sta per abbandonare per sempre la Casa Bianca, quanto il modo rude ed insolito con il quale il nostro presidente concepisce le relazioni internazionali. Il modo estremamente franco, quasi candido, con il quale Berlusconi affronta i temi di politica internazionale, potrebbero essere anche quelli tipici di una vera Potenza che in qualche modo ha il diritto/dovere di fare l'agenda internazionale. Diritto/dovere che gli Stati Uniti si sono conquistati dopo il crollo dell'URSS e che in parte si sono presi. Ma non è certo questo il caso della piccola Italia, ultima delle Potenze o prima fra le piccole, come del resto è emerso negli ultimi quattro secoli, relegando il nostro paese in questa posizione. Il problema, se è un problema, è che forse più che il primo ministro o, nel nostro caso, presidente del consiglio potrebbe essere opportuno che parlassero i diplomatici o il ministro degli esteri, da sempre più vicini alle vicissitudini internazionali e diplomatiche. Il linguaggio soprattutto, nella politica estera, è fondamentale. Quanto poi all'equidistanza, non sarebbe certo una novità. Ma è difficile avere autorevolezza se oggi si afferma una posizione ed il giorno dopo la si smentisce. L'attivismo verso la Russia di Putin non è disprezzabile, specie se questo dovesse portare l'Italia ad avere un ruolo negoziale più forte verso gli altri fornitori energetici verso cui Roma ha negoziato forniture negli ultimi anni (Algeria e Libia). Però bisognerebbe sempre pensare che siamo dentro alcune alleanze (NATO) e che certe posizioni potrebbero essere un pò più sfumate. D'altra parte i governi non si giocano quasi mai, almeno da noi, la permanenza a Palazzo Chigi sulla politica estera. I nostri temi sono più interni, da diversi anni, ancorati alle vicende economiche, alla recessione, alle tasse. La voce grossa la si fa quando si ha alle spalle una vera e propria potenza economica e militare. E noi rimaniamo sempre l'ultima delle Potenze o la prima delle piccole.
FDL