sabato 5 luglio 2008

L'Italia nel nuovo secolo: declino o rinascita?

Da molti anni i titoli dei giornali affrontano la politica del nostro Paese parlando in generale di declino. Il tema è vasto e complesso, ma indubbiamente affascinante. Mettiamo da parte per un momento le notizie che riportiamo nei nostri post e proviamo a fare delle riflessioni su questo tema. Io sto preparando alcune riflessioni che inserirò prossimamente. Siamo davvero in declino o ci attende una rinascita, un nuovo rinascimento, come molti auspicano ma che nessuno vede? A presto, FDL

1 commento:

Anonimo ha detto...

Intanto mi viene da commentare di getto quello che si legge proprio stamani, sulla sfiducia che pare avrebbe preso il Paese. E' notizia di oggi su Repubblica: un sondaggio Demos darebbe in calo di gradimento i principali leader politici, da Berlusconi a Veltroni, mentre risalirebbero l'Italia dei Valori, l'UDC, la Lega Nord. Questo significa sostanzialmente una cosa: intanto che i partiti politici come li avevamo conosciuti in circa cinquant'anni di vita nazionale sono arrivati alla fine della loro vicenda socio politica. Probabilmente hanno davvero cessato la loro funzione. A mio avviso sono stati dei grandi contenitori di istanze che hanno contribuito alla crescita economica del paese, ma allo stesso tempo non sono riusciti a far amare questo paese agli italiani, dove per amare intendo un sentimento che ci permette di dire: siamo tutti italiani, dalle Alpi all'Etna senza distinzione. Invece, da questo punto di vista, pare che stiamo ripiombando nel localismo, con l'affermazione sempre più potente della Lega che intercetta le frustrazioni economiche, prima ancora che politiche, del Nord. Quindi, i partiti politici storici, di cui è rimasto sostanzialmente solo il PD, erede del PCI, PDS, DS, che recentemente ha chiuso anche con la festa dell'Unità ed ha dunque deciso di recidere, in un sol colpo, le radici con il passato. E' anche una questione demografica: quando i nostri padri lasceranno, rimarrà ben poco delle scorie dei DS che saranno effettivamente un partito nuovo. Anche Berlusconi pare perdere terreno, avendo impostato tutta la sua vicenda politica sulla personalizzazione della politica, contribuendo e non di poco, all'abbattimento delle fondamenta della Prima Repubblica (partiti politici storici). Perchè quello che non ha fatto tangentopoli l'ha fatto lui. A questo punto, l'Italia pare essere connotata da: - crollo dei partiti politici tradizionali;
- crollo dell'impalcatura costituzionale con le revisioni a cui è stata oggetto negli ultimi dieci anni, e con gli attacchi fra poteri dello stato che continuano ormai dal 1994;
- ascesa di istanze localiste, con il Nord ben rappresentato dalla Lega;
- personalizzazione della politica, con la fine della mediazione fra il basso, il popolo, ed il potere, il governo. Di fatto il ruolo di "cinghia di trasmissione" dei partiti politici nel presentare le istanze dei cittadini è cessato.
In tutto questo scenario di sfaldamento, va considerato anche il contesto internazionale. Ma è internazionale o nazionale internazionale? Se infatti intendiamo per nazionale internazionale i rapporti fra l'Unione Europea ed il resto del mondo, la dimensione da analizzare è ancora più complicata. Fermiamoci un attimo a guardare le dinamiche dentro l'Unione Europea: l'Irlanda boccia il nuovo trattato e blocca, ancora una volta, il processo di integrazione. L'UE non ha una politica estera comune, nonostante che si tenti di averla da più di venti anni. L'apertura delle frontiere ai paesi dell'ex est Europa sta creando flussi interni migratori che accentuano il conflitto sociale, specie in paesi, come il nostro, che non hanno una grande storia di integrazione (il nostro impero è durato pochissimo e non abbiamo integrato nessuno. Al massimo siamo stati noi a farci integrare sul loro suolo). Poi c'è la globalizzazione. La globalizzazione è il risultato delle politiche economiche anglosassoni che hanno dominato il mondo nell'ultimo secolo. Si è passati da un colonialismo economico (settecento) ad un colonialismo di tipo formale (ottocento, prima metà del novecento), per poi tornare al colonialismo economico. Quello che va sotto il nome di globalizzazione è, a mio avviso, un nuovo colonialismo economico. In questo scenario, un paese fragile come il nostro, sempre propenso a gettarsi nelle braccia dell'uomo fatale del momento, sempre propenso a non assumersi responsabilità pubbliche (mentre quelle private ce le siamo sempre assunte), non può non essere soggetto allo sfaldamento. Paradossalmente, pur essendo troppo piccoli come impero e non potendo parlare di forze centrifughe (in fondo la Sardegna non intende più separarsi, la Sicilia ogni tanto ci pensa ma non gli fa comodo, il Nord tanto meno) siamo pur sempre in balia degli altri, ieri i più forti stati nazionali europei, oggi ancora loro, nascosti sotto le spoglie dell'UE, ed in balia delle grandi potenze intercontinentali (USA, Gran Bretagna, Russia e la Cina, per non parlare della Francia. Guarda caso, quelle che siedono, di diritto, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e quelle che hanno vinto la seconda guerra mondiale). Mi viene da pensare che continuiamo ad essere un paese sconfitto, senza soluzione di continuità. Da questo punto di vista, è difficile pensare ad un rinascimento economico. Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani....non abbiamo fatto gli italiani, forse perderemo anche l'Italia. FDL